Tra tutti i personaggi più emblematici e unici cheho incontrato nella mia vita Moe Norman ha sicuramente un posto d’onore.
Moe Norman è uno di quei giocatori che è impossibile non amare, un personaggio d’altri tempi che oggi non credo esisterebbe.
Una persona speciale, unica nel suo genere, protagonista in campo negli anni ’50 e ’60. Sono tantissime le leggende che circolano intorno alla sua figura.
Aneddoti e leggende su Moe Norman
Si narra che spesso dormisse direttamente in macchina e che in campo pratica mirasse con il drive al paletto dei 200 e ogni tre palline centrasse sempre il bersaglio.
Altri dicono che spesso facesse 18 buche di notte senza pallina simulando solamente lo swing su ogni singolo colpo.
Sembrava quasi una caricatura, uno di quei personaggi usciti da un film western ed era impossibile non volergli bene.
Alla sua prima volta ad Augusta sul tee della 1 colpì il drive mentre lo starter lo stava ancora presentando. E pare che proprio in occasione di un altro Masters si ritirò perché il gioco era troppo lento.
Pare che in un torneo dove era in contention per la vittoria verso le buche finali fosse partito con il wedge dal tee e avesse tirato il drive sul secondo colpo.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo agli inizi degli anni ‘90, era già avanti con l’età e viveva in Florida, negli stati Uniti. In Europa non si sapeva praticamente nulla di lui mentre in America era già una leggenda.
Per un periodo viveva nella Academy di David Leadbetter, che lo aveva preso sotto la sua ala e praticamente gli faceva da padre.
Ricordo che viveva in campo pratica e giocava non stop, tirando praticamente solo drive. A vederlo era una miniatura (molto piccola) di Jon Rahm con uno swing super corto e compatto ed era un colpitore di palla eccezionale.
Quella pallina volava dritta come un fuso, senza un minimo effetto.
Ricordo la sua simpatia ed empatia, unici nel suo genere.
Norman è stato uno di quei giocatori dallo swing che possiamo definire “strano” ma che, se analizzato nei punti giusti, è praticamente impeccabile.
Un altro esempio è il campione americano Jim Furyk, stilisticamente inguardabile ma tremendamente efficace.
Nei punti cardine dello swing è perfetto, molto più di altri suoi colleghi sul Tour.
Prendiamo Luke Donald. Ovviamente dell’inglese ci colpisce lo stile ma nella posizione all’impatto quella di Furyk è nettamente migliore.
Mai confondere quindi l’eleganza con la perfezione tecnica e l’efficacia di movimento. In più, giocatori come Furyk, proprio grazie alla loro stranezza, riescono a essere molto più ripetitivi rispetto a uno swing armonico e il risultato è che, alla lunga, l’anticonvenzionale sia più efficace.
Diciamo che in passato era più facile trovare swing particolari perché non c’erano allenatori, molti erano autodidatti e ci si basava sull’improvvisazione.
Ora, nulla è lasciata al caso, dietro ogni giocatore c’è un’azienda che gli cura l’immagine dalla A alla Z.
È proprio cambiato il mondo.