È stata un’estate piena di soddisfazioni per il golf italiano. I nostri giovani sono stati all’altezza della situazione in ogni competizione estera che abbiamo disputato grazie al pieno supporto della Federazione. In tutte le fasce d’età gli azzurri hanno portato a casa importanti risultati, sia a livello individuale che a squadre. Una delle caratteristiche che ci contraddistingue in gara è quella di crederci sempre, abbiamo la consapevolezza di poter arrivare fino in fondo, anche quando gli avversari sono sulla carta più forti di noi.
Da quando ho accettato questo incarico, nel lontano 2006, ho sempre cercato di inculcare nella testa dei nostri ragazzi il fatto di non essere inferiori a nessuno e la consapevolezza di potersela giocare contro qualsiasi avversario e nazione. Esistono tanti fuoriclasse, molti giovani talenti ma non marziani imbattibili, non importa da dove provengano, che siano americani o inglesi, hanno comunque 14 bastoni, due gambe e due braccia come noi e sono sempre convinto che dovranno giocare al meglio per poterci battere.
Ricordo ancora le prime sfide con l’Inghilterra o con altre nazioni più blasonate rispetto a noi. L’argomento della sera precedente al match era sempre lo stesso: “Che sfortuna, c’è capitata una squadra fortissima”. E io molto spesso a convincerli che:
1) Eravamo di fronte a una occasione stupenda e dovevamo essere orgogliosi di essere lì in quel momento.
2) Che ci saremmo sicuramente divertiti e che eravamo pronti a dare battaglia fino all’ultima buca.
3) Che gli sportivi e i veri agonisti fanno sacrifici e vivono una vita solo per aspettare per questi momenti.
Pressione, adrenalina e tensione sono tutte situazioni che bisogna amare e sfruttare al meglio senza mai cercare di annullarle
Troppe volte sento dire: “Mio figlio ha troppa tensione, sente la pressione della gara”. E chi non la sente? Tutti i più grandi campioni la avvertono e la usano come benzina perché in quelle circostanze si trovano a proprio agio. I cosiddetti ‘animali da gara’ sono coloro che godono e danno il meglio di sé quando si trovano nelle posizioni di testa e sentono la tensione e l’adrenalina scorrere nel corpo e dar loro ancora più coraggio.
State quindi lontani da chi vi dice: “Ti levo la tensione e la pressione” e ascoltate chi, come obbiettivo, ha quello di aiutarvi a farvela piacere e vi insegnerà quindi a imparare a conviverci.
Fondamentali per la testa dei giovani golfisti italiani sono state le gesta dei nostri campioni, le loro vittorie ci hanno ulteriormente convinto che nulla è impossibile.
Da Rocca ai Molinari, da Manassero a Pavan, da Paratore a Migliozzi, il Made in Italy ha sempre dimostrato di essere un marchio vincente.
La splendida vittoria di FIlippo Celli agli Europei Individuali ha lanciato la carica dell’estate 2022: da lì è arrivata la prestigiosa Silver Medal e poco dopo il Campionato Mondiale a Squadre, conquistato al Golf National di Parigi. Anche i giovanissimi si sono difesi bene, ottenendo due bronzi europei nelle categorie Under 16 e 14. Se poi aggiungiamo gli innumerevoli successi ottenuti dal settore femminile, possiamo affermare che gli staff a disposizione della Federazione stanno davvero facendo un buon lavoro.
Tornando ai Mondiali, vi posso confermare che è stata un’impresa straordinaria. Portare a casa un oro, superando 72 nazioni e compagini come Stati Uniti, Svezia, Francia, Spagna e Giappone non è da poco.
I nostri eroi, Filippo Celli, Pietro Bovari e Marco Florioli, sono stati impeccabili, ognuno di loro ha contribuito alla vittoria in maniera inequivocabile
Celli è partito fortissimo i primi due giri, facendo registrare alcuni dei migliori score a livello assoluto. Bovari nel terzo e quarto giro ha mantenuto l’Italia attaccata alle medaglie grazie a due partenze a suon di birdie. Florioli ha messo la ciliegina sulla torta con uno strepitoso 65 nel difficile ultimo giro.
Essere al loro fianco in qualità di caddie e vederli tirare i colpi decisivi con quella determinazione e quella voglia di vincere è stata una delle emozioni più forti della mia vita.
Il Golf National è stato disegnato per i grandi eventi e la gigantesca arena che ospita i delicati green della 15, 17 e 18 è forse il posto più bello (dopo l’Old Course di St Andrews) nel quale un golfista possa giocarsi un titolo e un appassionato possa godersi lo spettacolo in prima fila.
Per questo motivo la recente vittoria di Guido Migliozzi nell’Open di Francia ha un sapore unico e particolare. Chi ha giocato su quel campo e conosce la difficoltà del secondo colpo della 18 e soprattutto la posizione in cui è stata messa la bandiera nel giro finale, rimane davvero esterrefatto per il ferro che ha tirato Guido.
C’è modo e modo di vincere: farlo così, in quella magnifica cornice e con un colpo simile è un qualcosa che rimarrà per sempre nella storia del golf mondiale. Nessun giocatore in quelle circostanze avrebbe tirato alla bandiera, ma l’istinto killer di Migliozzi lo ha portato a rischiare, cosciente di poterlo fare, per assicurarsi la vittoria. 180 metri alla bandiera, leggero vento contro da sinistra. C’era un solo modo per fermare quella palla vicino alla buca senza rischiare di finire in acqua prima o dopo la bandiera: un ferro 5 con over fade.
Il green in quel punto è duro e in discesa, vi sono davvero pochi metri sia davanti che dietro all’asta. Guido ha quindi deciso di aumentare quei metri e di crearsi una zona di atterraggio tutta sua, facendo partire la palla 20 metri a sinistra del bersaglio, con un fade accentuato in modo da farla entrare in green dalla parte più corta e farla cadere il più dolcemente possibile. Il ‘Miglio’ ha messo la palla dove nessuno ha mai osato provare a metterla nella storia della 18 del Golf National con quell’asta, un capolavoro.
Nel giro finale dei Mondiali, la bandiera della 18 era dalla parte opposta, ma altrettanto difficile, difesa dall’immenso lago nella parte frontale e da un insidioso bunker pochi metri dietro alla buca. Bunker dal quale è poi molto facile finire in acqua.
Devo dire che anche i nostri giovani campioni non sono stati da meno: Florioli ha attaccato l’asta e ha poi compiuto una prodezza dal bunker chiudendo la buca in par. Bovari, che aveva in mano il colpo della vittoria, non si è fatto intimorire e ha stampato un ferro ‘alla Migliozzi’ a due metri dall’asta, il colpo che ha chiuso i giochi. Appena vista atterrare la palla di Pietro, ho incrociato lo sguardo di suo papà Antonello, che stava bordo fairway. Abbiamo alzato le mani e a entrambi è partito un urlo liberatorio: la coppa era nostra, Pietro aveva appena tirato il ferro più bello della sua vita.
Celli, ultimo uomo in campo, non ha voluto essere da meno e ha fatto atterrare la palla a pochi centimetri dalla buca, guadagnandosi l’ovazione del pubblico e degli avversari.
Emozioni fortissime, vissute entrambe sullo stesso green di Migliozzi e sullo stesso campo che aveva in passato consacrato e incoronato Francesco Molinari miglior giocatore al mondo nella Ryder Cup 2018
Che cosa cambia ora? Direi che questi risultati ci danno ancora più responsabilità per il futuro e ci obbligano ad allenare ancora meglio i nostri giovani per poterli preparare al Tour e riuscire anche nei prossimi anni a mantenere questi ritmi. Dobbiamo migliorare le nostre strutture e lavorare sulla qualità degli allenamenti per stare al passo con i nostri avversari.
Il golf sta davvero esplodendo a livello mondiale, c’è moltissima concorrenza nel settore maschile e non esistono più le cosiddette ‘nazioni cuscinetto’, ogni paese è ormai in grado di sfornare campioni che sono frutto di anni di programmazione.
In Italia siamo bravissimi a esaltare i successi dei nostri atleti ma non abbastanza ad aiutarli nel percorso che li porta ad avere successo. La Federazione permette ai nostri giovani di poter essere seguiti in tutti i dettagli sul territorio italiano e di fare esperienze importantissime all’estero, oserei dire fondamentali per la loro crescita. Senza il supporto federale è infatti quasi impossibile per una famiglia sostenere un atleta di livello nazionale.
Purtroppo nelle scuole è cambiato molto poco rispetto a quando io frequentavo il Liceo Scientifico. Luogo dove venivo spesso ‘ghettizzato’ e fatto sentire diverso solo perché avevo un sogno nel cuore e la mano sinistra bianca per il guanto che indossavo quando passavo ore in campo pratica.
Ancora oggi, 50 anni dopo, si fa davvero fatica a capire che lo sportivo non è un ragazzo che non ha voglia di studiare ma semplicemente un giovane che ha meno tempo per studiare rispetto agli altri
Allenamenti, gare che durano intere giornate, week end con sveglie all’alba. Non è facile trovare il tempo e le energie mentali per essere pronti a un’interrogazione il lunedì o per recuperare le lezioni perse. Con quello che succede nel mondo odierno lo sportivo dovrebbe essere considerato un’eccellenza non un disadattato come molti vogliono farci pensare.
È un peccato vedere aspiranti atleti agonisti dover rinunciare all’istruzione e a un eventuale piano B per rifugiarsi in scuole di basso profilo nell’ottica di poter portare avanti gli allenamenti e i propri sogni. Proprio quei sogni che siamo poi tutti bravi a esaltare quando si trasformano in realtà, ma che spesso trovano ostacoli insormontabili quando un ragazzo prova a inseguirli in giovane età.