Se doveste pensare a Clint Eastwood fuori dal set cinematografico lo immaginereste esattamente come appare in televisione. Una persona seria, composta, non troppo chiacchierona e con la tipica aria malinconica dei suoi personaggi del grande schermo. All’età di 91 anni l’attore americano è ancora in piena forma e durante l’intervista tirava alcuni colpi nel campo pratica del Tehama Golf Club, a Carmel, in California. Un circolo di 800 ettari in un quartiere residenziale privato, perfetto per la vita solitaria e bucolica di Clint. Tra un ferro 7 e l’altro eravamo infatti circondati da tacchini selvatici e cervi dalla coda nera che giravano tranquillamente per la proprietà.
Non c’è da stupirsi se si è innamorato della penisola di Monterey mentre faceva l’addestramento di base nell’esercito a Fort Ord. Eastwood ha bevuto la sua prima birra legale qui al Mission Ranch Hotel, che ora possiede, è stato sindaco di Carmel ed è ora un’istituzione a tutti gli effetti. Con il passare degli anni è poi diventato la celebrità numero uno del golf, con le sue telecronache durante l’AT&T Pebble Beach Pro-Am del mese scorso e come presidente della Monterey Peninsula Foundation.
Un decennio fa è anche apparso in una serie di spot pubblicitari della United States Golf Association dove guardava in cagnesco Arnold Palmer, che lo rimproverava per il gioco lento. “Facciamo una cosa in giornata?”, lo ammoniva scherzosamente Palmer, alla 7 di Pebble Beach.
Oggi, Eastwood è probabilmente la figura più iconica del cinema. Insieme a Sean Connery, morto nel 2020, e Jack Nicholson fa parte delle tre leggende del cinema e del golf.
Per Hollywood è sempre stato il prototipo della persona forte e silenziosa.
Dal suo ruolo da protagonista nella serie TV, “Gli uomini della prateria”, dove guadagnava 700 dollari a settimana (tra il 1959 e il 1965), al suo successo negli spaghetti western dove interpretava l’uomo senza nome. Dalla pentalogia dell’ispettore Callaghan alla vittoria di quattro premi Oscar, fino al suo ultimo film uscito l’anno scorso, “Cry Macho – Ritorno a casa”, in cui tira pugni e cavalca dopo oltre 30 anni (l’ultima volta fu ne “Gli Spietati”).
Insieme abbiamo parlato della sua fuga nel nord della California, della sua passione per il golf e del suo impegno in varie cause umanitarie. Ci siamo tenuti lontani dalla politica, ma è chiaro che non gli piace l’attuale clima di divisione nel Paese. Ho avviato il registratore quando la conversazione si è spostata sul suo amato percorso sulle colline sopra Carmel-by-the-Sea.
Come è arrivato a stabilirsi qui, nella penisola di Monterey?
Lo capii quando fui arruolato nell’esercito nel 1950. Durante l’addestramento di base a Fort Ord andai un giorno a Carmel e decisi che, se mai avessi avuto un po’ di soldi, avrei vissuto in questo paesino. Ed eccomi qui.
Quando nacque l’amore per il Tehama Golf Club?
Parecchi anni fa. Arrivato per la prima volta in queste proprietà realizzai subito che qua ci avrei passato la mia vecchiaia. Su questi terreni mi venne subito in mente che un campo da golf sarebbe stato perfetto. Così ingaggiai l’architetto Jay Morrish, gli feci fare un giro con il mio elicottero e lo convinsi a disegnare il percorso. In parallelo costruimmo questa clubhouse e un parcheggio personale sotterraneo, fresco d’estate e asciutto d’inverno. Ora, con la pandemia, questo posto è esattamente come lo desideravo: privato, sicuro, una via di fuga.
Tra i vari ruoli interpretati nella vita reale c’è stato anche quello del sindaco, corretto?
Esatto, mi sono divertito molto a ricoprire questa carica a Caramel. In una cittadina così piccola è difficile aiutare le persone ad andare avanti senza farsi frenare dal progresso. E, nel mio piccolo, sono felice di esserci riuscito.
Come attore, è noto per tagliare le battute piuttosto che aggiungerle. Come regista, dicono che “gira in modo asciutto”. Si considera quindi un minimalista?
Cerco solo di essere efficiente e pragmatico. Quando so di avere tra le mani una bella storia da raccontare non voglio aggiungere troppa carne al fuoco perché perderei solo l’interesse, quindi resto concentrato sulla tematica centrale.
Congratulazioni per aver vinto l’Arnie Award, un importante premio che porta il nome di uno dei più grandi giocatori della storia di questo sport.
Sono lusingato di aver ricevuto questo riconoscimento dedicato ai migliori filantropi golfisti. Credo che chi abbia le possibilità economiche debba avere il dovere morale di fare del bene e aiutare chi ne ha più bisogno. E poi questo riconoscimento porta il nome di un mio grande amico. Le buche giocate con Arnie sono indimenticabili.
Lo conosceva bene?
Posso affermare con orgoglio di sì. Ho perso il conto delle volte in cui abbiamo giocato a golf tra tornei, prove campo, o semplicemente “partitelle” tra amici.
Palmer era un tipo fuori dall’ordinario. Se dovesse girare un film su di lui, quale attore ingaggerebbe?
(Lunga pausa) Non saprei. Era un uomo talmente unico e in gamba che non riesco a immaginare nessun altro a ricoprire il suo ruolo.
Come ha iniziato a giocare a golf?
Facevo il caddie al Claremont Country Club nell’Oakland quando ero ragazzino, avevo circa 13 anni. Nei weekend guadagnavo un dollaro e mezzo e nel tempo libero cercavo di tirare qualche ferro. Avrei voluto iniziare con maggior assiduità ma a quei tempi non potevo permettermelo.
Ho sentito dire che Justin Timberlake minimizza il suo golf perché non vuole apparire poco “cool” agli occhi dei più giovani.
Non si è mai preoccupato di rovinare la sua reputazione di uomo duro praticando questo sport?
Non ci ho mai pensato in verità. La recitazione è una finzione. Il golf non lo è per nulla. Quindi non c’è una vera connessione tra le due cose. Conosco Timberlake, ho giocato a golf con lui un paio di volte e ricordo che non se la cava affatto male. Mi pare sia un 4 di handicap. Ricordo che stavamo lavorando insieme al film “Di nuovo in gioco” del 2012 in Georgia, e un giorno lasciammo il set per andare a giocare all’Augusta National. Eravamo talmente galvanizzati che facemmo 36 buche tutte rigorosamente a piedi. All’epoca lui aveva 30 anni io 81 e non ti dico in che stato sono arrivato sul green dell’ultima buca. Avrei desiderato che qualcuno mi sparasse o, per non essere troppo tragico, mi portasse in braccio perché ero sfinito.
Ha mai giocato con Tiger Woods?
L’ho visto a Pebble Beach un paio di volte e giocai con lui alle Hawaii anni fa. È una persona estremamente tranquilla.
Qual è stato l’apice della sua carriera golfistica?
Diciamo che non ho mai brillato, me la sono cavata ma purtroppo non sono mai riuscito a raggiungere l’handicap a singola cifra.
Scende ancora in campo?
Non ho giocato molto negli ultimi mesi perché mi sono fatto male alla spalla e sono dovuto stare a riposo. Ora però, sono tornato in forma e vado in campo pratica tutti i giorni. Ma sai com’è il golf, quando pensi di aver capito tutto, quando pensi che sia sicuro tornare in acqua… ecco che ti azzanna lo squalo.
Ha mai desiderato fare un film sul golf? So che una volta deteneva i diritti cinematografici per il libro “Golf in the Kingdom” di Michael Murphy. Perché non l’ha mai realizzato?
In quel tempo avevo molte altre cose in ballo e non riuscivo ad adattare bene la storia. Perciò ho preferito lasciarla in disparte.
Perché è così difficile girare un buon film sul golf? Qual è la sua pellicola preferita?
Credo che l’unico film serio e valido sul golf sia “Follow the Sun”, la storia di Ben Hogan e del suo ritorno al golf dopo l’incidente d’auto.
La longevità è di famiglia? Sua madre ha vissuto una vita molto lunga. Ci può svelare qual è il segreto?
Sì, mia madre ha vissuto fino a 97 anni ed era una buona golfista. Ricordo che a 90 anni mi disse: “Voglio cederti il mio abbonamento al golf club” e io le risposi: “Voglio che continui a giocare”. E così fece, era ancora in ottima forma.
Un’ultima domanda. Che cose le dà ancora gioia di vivere?
Non ho un mantra o una vera filosofia di vita ma mi rende felice poter aiutare le persone. Se si hanno le possibilità economiche lo si fa con il denaro ma, ancora più importante, concedendo agli altri il proprio tempo.