Era il lontano 1925 quando il consiglio direttivo del Golf Alpino di Stresa stanziò la somma di 3.000 lire per indire una gara di campionato “per professionali”. Vi presero parte tre distinti signori in giacca e cravatta: William H. Jolly, Luigi Prette e Francesco Pasquali, che completò le 36 buche in 154 colpi, uno in meno di Jolly, iscrivendo così il suo nome nell’albo d’oro.
Così nacque l’Open d’Italia, che quest’anno celebra la sua ottantesima edizione e ben novantotto anni dalla sua nascita.
I personaggi storici
Tra i personaggi che hanno segnato la storia di uno dei tornei più antichi dell’Europa Continentale – esclusi ovviamente gli inarrivabili britannici, capostipiti tra gli Open – nel periodo dell’anteguerra si ricorda il senatore Agnelli, nonno di Gianni, che precorse con grande lungimiranza i tempi lanciando la prima vera campagna promozionale per il turismo golfistico.
Per pubblicizzare il percorso che aveva fatto costruire a Sestrières ingaggiò Henry Cotton, il quale vantava già nel suo palmarès due Open Championship, con l’intenzione di attirare i facoltosi appassionati inglesi. Cotton sbaragliò gli avversari e il senatore Agnelli centrò in pieno il suo obiettivo. Dalla Gran Bretagna ci fu una sorta di pellegrinaggio per giocare sul campo reso improvvisamente famoso dal campione. L’effetto si esaurì rapidamente a causa dell’evento bellico ma con la ripresa nel 1947, a Sanremo, ebbe inizio la seconda delle tre fasi in cui si può dividere la vita dell’Open d’Italia, sicuramente quella più favorevole ai colori azzurri.
L’era dei tre moschettieri
Furono Aldo Casera (1948) e Ugo Grappasonni (1950-1954) a segnare i successi azzurri nel più importante torneo di golf italiano. Inoltre, per ben nove volte gli azzurri si classificarono secondi. Casera e Grappasonni erano due dei “tre moschettieri” che dominarono la scena nazionale in quel periodo. Il terzo, Alfonso Angelini, non riuscì a fregiarsi del titolo, ma si classificò secondo per tre volte (1950, 1958, 1959). Suo un record destinato a rimanere imbattuto: ha vinto per ben dieci volte il Campionato Nazionale Omnium, ora ribattezzato Campionato Nazionale Open.
Quello degli anni ’70 fu un vero e proprio boom per il nostro Paese e un’altra era che segnò risultati importanti per gli azzurri. Dopo l’edizione del 1960 il torneo fu sospeso fino al 1971, quando riapparve sul percorso di Garlenda, dove s’impose Ramon Sota, zio di Severiano Ballesteros.
Iniziò così la fase moderna dell’evento. Vennero altri due titoli per gli italiani, con Baldovino Dassù (Is Molas, 1976) e Massimo Mannelli (Acquasanta, 1980). Il primo stabilì con otto colpi il primato relativo al maggior distacco inferto al secondo classificato (Manuel Piñero e Carl Mason) che ancora resiste.
Personaggi del calibro di Greg Norman, Bernhard Langer e Seve Ballesteros giocarono sui fairway italiani. Sandy Lyle incise il suo nome nell’albo d’oro nel 1984 al Milano e nel 1992 a Monticello. Sullo stesso campo, nel 1988, “Lo squalo bianco” Greg Norman, tra un giro e l’altro, ebbe il tempo di recarsi a Maranello per acquistare una Ferrari, si distrasse un po’ ma riuscì a sorpassare Craig Parry nelle ultime buche.
Erano ormai di casa Seve Ballesteros e José María Olazábal, che non vinsero mai, e Mario Pinzi, l’organizzatore dell’Open a quei tempi, ebbe anche un incredibile colpo di fortuna nel 1991 quando, ingaggiati per tempo Ian Woosnam e lo stesso Olazábal, se li vide arrivare a Castelconturbia dopo essere stati protagonisti al Masters di Augusta.
Un altro protagonista della storia internazionale del nostro sport riuscì ad aggiudicarsi due vittorie in Italia: Bernhard Langer alzò la coppa all’Ugolino nel 1983 e a Gardagolf nel 1997. A Le Rovedine invece fu la volta di Sam Torrance, icona del golf europeo, che si guadagnò il titolo nella storica edizione del 1995 al circolo milanese.
All’inizio del secolo, l’Open d’Italia è diventato un trampolino di lancio per giovani talenti, come Ian Poulter, che vinse il suo primo titolo dell’European Tour nel 2000 a Is Molas e poi di nuovo all’Olgiata nel 2002. Nel 2003 la Federgolf prese in mano le redini dell’evento con un proprio comitato organizzativo e con un accordo lungimirante con l’European Tour.
Il ritorno degli italiani
Nel 2006, Francesco Molinari si aggiudicò il titolo al Castello Tolcinasco che bissò poi nel 2016 al Milano, vincendo in grande stile la 73ª edizione dell’Open d’Italiadopo un testa a testa con Danny Willett, campione Masters in carica. Chicco trionfò davanti a una folla di oltre 16.000 persone, nell’anno in cui l’Open fece registrare il record assoluto di presenze. Ora Molinari è solo il secondo italiano dopo Ugo Grappasonni a vantare due vittorie nel nostro torneo più prestigioso.
La 74ª edizione, quella del 2017, fu il primo evento delle Rolex Series disputato in Italia, con un montepremi record di 7 milioni di dollari. Il titolo andò a Tyrrell Hatton che siglò la sua seconda vittoria nell’European Tour in sette giorni grazie a un decisivo birdie. Il trionfo arrivò subito dopo il successo ottenuto la settimana precedente all’Alfred Dunhill Links Championship in Scozia.
La 78ª e la 79ª edizione si sono disputate sul percorso della Ryder Cup 2023 al Marco Simone Golf & Country Club, circolo che ospiterà quest’anno anche l’80ª, grande preludio della sfida Europa-Stati Uniti di settembre.