Non si poteva chiedere un finale migliore per celebrare degnamente la 150esima edizione del torneo che ha fatto la storia di questo sport.
Nella casa del golf, l’Old Course di St Andrews, a sollevare meritatamente la Claret Jug nello splendido anfiteatro della 18 è stato alla fine Cameron Smith, 29 enne australiano al suo primo titolo major in carriera.
Il suo 64 finale non ha lasciato scampo a un Rory McIlroy partito in testa insieme a Viktor Hovland e grande favorito, purtroppo mai incisivo e soprattutto decisivo con il putt.
A 18 buche dal termine sembrava tutto o quasi scritto nel destino, con McIlroy e Hovland a contendersi la Claret Jug e Smith e Young a rincorrere tre colpi dietro.
Ma l’australiano, dopo un terzo giro deludente sui green, ha rispolverato quel gioco corto spettacolare di cui è celebre, infilando come un cecchino una sequenza di cinque birdie consecutivi tra la 10 e la 14, strappo decisivo per arrivare alle ultime buche davanti a tutti.
Poi il capolavoro: quello della 17, con un par fantastico strappato con le unghie con l’ennesimo putt decisivo da oltre tre metri, e quello della 18, domando la pressione del clamoroso eagle di Cameron Young con il birdie che gli è valso la vittoria.
Il 70 di McIlroy lo ha relegato in terza posizione con -18 a due colpi da Smith, che pareggia così con -20 il punteggio più basso all’Open Championship realizzato nel 2016 da Henrik Stenson.
Una giornata indimenticabile non solo per il golf australiano, che torna a vincere un Open Championship a distanza di ben 29 anni dopo Greg Norman, ma anche per quello azzurro, con la fantastica prestazione di Filippo Celli, 21enne romano dell’Olgiata, vincitore della Silver Medal come miglior amateur del torneo grazie al suo 47° posto con -5, e l’ottima prestazione di Francesco Molinari, 15° con -10, finalmente tornato tra i grandi protagonisti del golf mondiale.
Questa la classifica finale del 150° OPEN CHAMPIONSHIP