Vi presentiamo le cinque buche di Troon, il magnifico links scozzese che determineranno l’esito finale del 152° Open Championship. Per primeggiare nel vento saranno necessari colpi controllati e una padronanza assoluta della traiettoria


Il Royal Troon Golf Club in Scozia, il circolo che ospiterà il 152° Open Championship, è esattamente ciò che immaginiamo quando pensiamo a un percorso in stile links. Una passeggiata andata e ritorno attraverso una sublime mezzaluna di natura arruffata, a poco più di una duna dal mare, con un manto erboso irregolare che lascia spazio a una sparpagliata serie di bunker profondi e dai bordi alti.
Ma è anche diverso da ciò che immaginiamo: una marcia bizzarra su zone blande e aride di fairway pianeggiante, una svolta secca davanti a un campeggio (quello che negli Stati Uniti chiamiamo un parco roulotte) e aerei che volano a bassa quota sulle nostre teste dal vicino aeroporto di Prestwick.

Campioni e outsider

Quando l’Open Championship si disputa qui, cosa che è successa nove volte dal 1923, i suoi links possono tirare fuori il meglio da icone quali Bobby Locke, Arnold Palmer e Tom Watson, ma Troon è anche in grado di premiare giocatori meno celebri, come Arthur Havers e Todd Hamilton. Le prime nove buche ‘out’ (che si allontanano dalla club house) e le successive nove ‘in’ (che ritornano verso il circolo) offrono sostanzialmente a chi lo gioca il racconto di due differenti percorsi: se si ha infatti il vento alle spalle sulle prime nove, le seconde si giocheranno con l’aria in faccia. Se sulle prime arriva dalla baia a destra, al ritorno in club house il vento soffierà da sinistra. Per giocare bene saranno necessari quindi colpi controllati e grande padronanza della propria traiettoria.

Vi presentiamo qui di seguito le cinque buche che avranno il maggiore impatto sull’Open Championship 2024

POSTAGE STAMP
BUCA 8 – 112 METRI – PAR 3

Le prime cinque buche e mezzo partono dritte su un terreno irregolare ma pianeggiante lungo il Firth of Clyde, con viste spettacolari sul mare e sull’isola di Ailsa Craig, prima di virare a sinistra alla 7 verso dune più alte. Il gioco a Troon non inizia davvero fino a quando il giro non raggiunge le colline di sabbia, in particolare la 8, il celebre par 3 denominato “Postage Stamp” (francobollo), una delle buche più famose del golf. Si gioca dalla cresta di una duna esposta, alta seimetri, attraverso una vallata fino a uno strettissimo green circondato da cinque profondi bunker in perpetua attesa di palline che cadranno giù dai suoi ripido bordi. Quando la giornata è senza vento, cosa piuttosto rara, basta un sand wedge ai protagonisti dell’Open. In caso di forte vento contro o trasversale, questo diventa il colpo più pericoloso e delicato dell’intero giro.

SANDHILLS
BUCA 10 – 411 METRI – PAR 4 

A Troon devi guadagnare più colpi possibili sulle prime nove perché ne perderai altrettanti, se non di più, sulle seconde. Dopo aver raggiunto il punto più a sud-est della proprietà, vicino al campeggio per camper, la buca 10 gira nella direzione opposta e inizia la lunga odissea di ritorno, tipicamente, con il vento contro. Il drive è cieco sopra grandi colline di sabbia, e i giocatori lunghi potranno cercare di semplificarsi la buca tagliando sopra la duna di sinistra, anche se le palline che attraverseranno il fairway troveranno una serie di avvallamenti, che gli lasceranno lunghi colpi al green ciechi, verso un green posizionato sopra a un’altra duna alta. Non ci sono bunker in questa buca ma la parte anteriore destra del green cade ripidamente e respinge qualsiasi colpo al green calcolato male.

THE RAILWAY
BUCA 11 – 455 METRI – PAR 4

L’espansione del golf in tutta la Scozia nel XIX secolo seguì quasi di pari passo l’espansione delle linee ferroviarie del paese poiché i campi venivano spesso sviluppati vicino alle fermate di transito e ai centri abitati. Come suggerisce il nome, la caratteristica distintiva della buca 11 di Troon è la linea ferroviaria fuori limite che confina a destra con il fairway e il green. Gli impenetrabili cespugli di ginestre formano il confine opposto, rendendolo questo il fairway più stretto del percorso. Di fronte a un altro tee shot cieco, i drive che voleranno la più lontana distesa di ginestre per ambire al lato destro, guadagneranno il miglior angolo d’attacco per raggiungere il green, anche se ogni colpo sarà esasperato da venti contrari o trasversali provenienti dal mare, che metteranno in gioco il fuori limite. Tra le buche più difficili di qualsiasi campo dove si sia mai disputato un Open Championship, la 11 è quasi un par-4½ e nel 1997 e 2016 ha avuto la più alta media di colpi rispetto al par fra tutte le buche giocate dai professionisti in quelle due edizioni.

CROSBIE
BUCA 15 – 459 METRI – PAR 4

 

Le ultime quattro buche di Troon sono una prova di resistenza poiché il percorso si è assottigliato dagli alti e bassi delle colline sabbiose, fino a diventare una serie di buche lunghe e pianeggianti che sfrecciano inesorabilmente verso il traguardo, sfidando il vento e l’aperta pianura. Un quartetto di pot bunker (piccoli bunker circolari e profondi) sfalsati, in grado anche di causare qualche penalità, svolgono il compito che i tee shot ciechi e i profondi avvallamenti avevano in precedenza, dando filo da torcere ai giocatori e facendoli riflettere sul punto migliore dove far atterrare la palla e su dove questa rotolerà. Dovranno cercare di trovare il lato sinistro del fairway, da dove potranno raggiungere più facilmente il green parzialmente oscurato, posizionato al centro di una serie di collinette, magari lasciandosi un putt simile a quello imbucato da Henrik Stenson nel 2016 per andare due colpi avanti a uno sbalordito Phil Mickelson, in uno dei più grandi duelli mai visti all’Open.

RABBIT
BUCA 17 – 221 METRI – PAR 3

La buca si chiama “Rabbit” (coniglio) e i giocatori dovranno tirarne fuori uno dal cilindro per prendere questo green con i colpi regolamentari. Solo un colpo drittissimo riuscirà a raggiungere questo obiettivo, cosa complicata dai soliti venti furiosi e dagli ulteriori 20 metri di lunghezza aggiunti nel 2016. Incombente sopra quattro bunker vicini, il green è un piedistallo nudo che respinge i colpi che non azzeccano la pendenza, spesso mandandoli in un’impopolare fossa infernale sotto al bordo destro. La Rabbit riesce a ostacolare i giocatori sempre nel momento peggiore. Ernie Els e Todd Hamilton erano pari nel playoff del 2004, prima che il sudafricano volasse il green alla 17 e chiudesse in 4, perdendo quella che sarebbe stata la sua terza Claret. Nell’Open del 1997 Jesper Parnevik mancò un breve putt per il birdie alla 16 per pareggiare con Justin Leonard, poi ganciò il suo tee shot alla 17 e fece bogey, ponendo fine alle sue speranze. Il leader in classifica Nick Price si stava già perdendo nel quarto giro dell’Open del 1982, ma fu il bogey alla 17 che diede a Tom Watson, già in club house, il margine vincente finale di un solo colpo.