Una delle giornate di golf più incredibili, intense ed emozionanti e che si ricordi all’Augusta National e non solo ha regalato a Rory McIlroy il grande sogno che rincorreva dal 2014, il Masters e il Grande Slam della carriera.

Ci sono volute 73 buche, una in più di quelle previste nella quarta e ultima giornata di questa 89esima edizione, perchè il 35enne nordirlandese potesse finalmente liberarsi dall’enorme pressione di undici anni di tentativi, spesso falliti clamorosamente.

Che l’Augusta National sia un luogo magico è ormai risaputo ma quello a cui si è assistito nell’ultima giornata del major georgiano è andato ben oltre ogni più fantasiosa e incredibile immaginazione.

Partito con due colpi di vantaggio su Bryson DeChambeau, McIlroy ha indossato e tolto simbolicamente quella Giacca Verde tanto agognata almeno 4/5 volte durante il giro finale, prima di vedersela finalmente addosso dopo aver superato al playoff l’amico e compagno di una vita in Ryder Cup, Justin Rose.

Diciotto, anzi diciannove buche che in fondo sono state lo specchio della sua incredibile carriera. Colpi strepitosi, al limite dell’impossibile, alternati a clamorosi e inaspettati momenti di black out hanno regalato uno spettacolo fuori dall’ordinario ricco di dramma e gioia, di sofferenza ed esultanza, in un turbine di emozioni senza fine.

Che Rory avesse dovuto sudarselo fino all’ultimo respiro questo trionfo nel Masters era cosa certa visti i numerosi precedenti negativi, ma che dovesse passare attraverso una sorta di via crucis golfistica come quella vista all’Augusta National quest’anno nessuno se lo sarebbe minimamente immaginato.

Gli sono bastate due buche per vedere polverizzato il vantaggio iniziale su DeChambeau, nel primo dei tanti colpi di scena della giornata. Il doppio bogey di apertura e il mancato birdie alla 2 gli toglievano la leadership a favore dell’americano. I due splendidi birdie della 3 e della 4 e una serie di recuperi al limite dell’umano alla 5, 7 e 9 lo riportavano davanti a tutti, mentre DeChambeau si scoglieva buca dopo buca.

Nel 2011 McIlroy visse il primo di molti drammi sportivi all’Augusta National buttando letteralmente via una vittoria già scritta, crollando rovinosamente dalla buca 10 in avanti dopo aver dominato sino a quel momento. Un’immagine che certamente gli sarà apparsa per una frazione di secondo anche quest’anno ma che questa volta il nordirlandese ha scacciato prontamente portando a casa un birdie magistrale.

Sul tee della 11 l’89° Masters sembrava ormai una formalità per McIlroy: quattro colpi di vantaggio su DeChambeau in caduta libera e gli altri troppo lontani per ipotizzare una clamorosa rimonta.

Invece l’incredibile, anzi l’inimmaginabile è apparso di nuovo poche buche dopo: bogey alla 11 con il secondo colpo al green che miracolosamente non finisce in acqua per centimetri e doppio alla 13, con il terzo colpo da meno di cento metri che finisce questa volta a bagno.

I fantasmi di una nuova imprevista e clamorosa sconfitta tornavano in campo, il suo sguardo sempre più incerto faceva presagire il peggio, con un Justine Rose in stato di grazia sempre più vicino alla testa.

Ed ecco allora l’ennesimo colpo di scena: Rory che torna a fare Rory, con una striscia di colpi sensazionali tra la 15 e la 17, per arrivare sul tee dell’ultima buca ancora avanti di un solo colpo.

Gli sarebbe bastato un par per indossare la Giacca Verde, conquistare l’ultimo major che ancora gli mancava in carriera ed entrare nella leggenda del golf come il sesto giocatore a riuscire a completare il Grande Slam in carriera dopo Gene Sarazen, Gary Player, Ben Hogan, Jack Nicklaus e Tiger Woods.

Niente affatto. L’ennesimo, ultimo clamoroso colpo di scena era solo dietro l’angolo, palla in bunker con il secondo al green da poco più di cento metri e il putt non imbucato per il par mandava il Masters dopo otto anni dall’ultima volta al play off per decretare il suo vincitore finale.

Sull’orlo di una crisi di nervi, McIlroy sembrava a un passo dal tracrollo, quello che probabilmente avrebbe messo la parola fine sul sogno Masters e Grande Slam per sempre.

La 18 rigiocata a distanza di una ventina di minuti però questa volta è quella che aveva visualizzato e sognato prima. Drive perfetto, wedge a battere sulla sponda del gradino del green per prendere la discesa e finire a un metro dalla buca.

il putt per il birdie non imbucato da Rose spalanca le porte del paradiso golfistico a McIlroy che libera l’enorme pressione crollando in un pianto di gioia.

Per entrare tra le leggende ha dovuto buttare anima e cuore oltre l’ostacolo, ha sfidato e vinto le sue paure più recondite e finalmente messo fine a undici anni di pesanti delusioni.

Nessuna Giacca Verde è stata più desiderata e meritata di quella che oggi, con orgoglio, Rory McIlroy finalmente indossa. Non c’è vittoria senza sofferenza e questa è senza dubbio la più bella, intenza e  pesante di una carriera ormai leggendaria.

Venticinque anni dopo il Tiger Slam è finalmente giunta l’ora di Rory.

Questa la classifica finale del 89° Masters