Winged Foot, basta la parola per far venire la pelle d’oca ai tanti golfisti che dal 1929 hanno solcato i suoi fairway per contendersi il titolo di campione U.S. Open.
Il Golf Club si trova a Mamaroneck, a 32 chilometri a nord di Manhattan e dal 17 al 20 settembre accoglierà ancora una volta il major che, più di chiunque altro, ha mietuto vittime con i suoi rough impossibili e i suoi campi preparati al limite dell’umano, suscitando un mare di polemiche da parte degli stessi giocatori.
Non è un caso se Hale Irwin, tre volte campione U.S. Open, ha dichiarato che secondo lui in ogni edizione la missione della USGA sia quella di mettere in imbarazzo i giocatori.
Con loro nessuno è al sicuro
Anche quest’anno non ci sarà da stare tranquilli. Tornano i temibili green, ‘i grandi mostri verdi’, così soprannominati da chiunque abbia avuto la “sfortuna” di giocarci, che sono pronti ad accogliere i 144 protagonisti.
Anche i più forti puttatori del Tour non avranno vita facile. I green sono sagomati come quei diagrammi che i fisici usano per spiegare la curvatura dello spazio-tempo. Nei putt lunghi sembra che inizialmente la pallina si muova nella giusta traiettoria e con i giri calcolati al millimetro, ma superati i primi dieci metri, acquista una velocità tale da finire fuori green. Insomma, con determinate posizione di bandiera, chiudere una buca con soli tre putt sarà un lusso riservato a pochi.
Lo sa bene Jack Nicklaus, quando nel 1974 già in prova campo aveva detto al suo caddie che l’unico modo per sopravvivere era non prendere il green e lasciarsi sempre un approccio in salita.
Il campione americano durante il suo primo giro segnò tre putt nelle prime quattro buche giocate. “Non dimenticherò mai quel giorno. Alla 1 avevo già una possibilità di birdie con un putt in discesa di meno di sei metri. Pensavo di aver tirato un bel putt, peccato che la mia palla abbia superato la buca di otto metri finendo addirittura fuori green. Questo è tutto quello che ricordo del campo. Anzi no, non voglio ricordare nient’altro”.
Chissà se Albert Warren Tillinghast, l’architetto che progettò nel 1921 i due campi West ed East di Winged Foot, pensò proprio a tutti i capogiri che avrebbe procurato ai vari golfisti che nel corso della storia si sono avvicendati lungo i fairway. Quello che sappiamo è che i soci fondatori del circolo americano desideravano due percorsi da campionato eccezionali, un’impresa ardita per quei tempi. Dalla sua apertura, Winged Foot è l’unico golf club al mondo ad avere entrambi i propri campi tra i primi 100 più belli nella tradizionale classifica di Golf Digest.
L’ora di Tiger
I campi da golf non possono parlare ma se potessero farlo, non sono in tanti a dire di non aver ottenuto il massimo da Tiger Woods. E Winged Foot è proprio uno di questi.
Non ci sono molti ricordi positivi di Tiger su questo terribile percorso. Il primo risale al 1997, suo primo anno da professionista, quando si piazzò 29° al PGA Championship. Il peggior piazzamento in un major da lì ai prossimi sei anni.
Il secondo è stato durante lo U.S. Open del 2006, il suo primo torneo dopo la morte del padre. Due giri in +12 e taglio mancato. Quella è stata la prima volta che il Fenomeno non giocava nel weekend in torneo major.
“Winged Foot, insieme a Oakmont e Carnousite, è il percorso più difficile sul quale ho giocato. È un po’ come giocare ad Augusta con i rough impossibili”.
I Tee Time
Domani Tiger scenderà in campo alle 8:07 (ora locale) dalla buca 1 in team con Collin Morrikawa e Justin Thomas.
Sono tanti i match da seguire a partire da Renato Paratore, unico italiano in campo, che giocherà alle 12:10 dalla buca 10.
Il numero uno del mondo Dustin Johnson sarà accoppiato a Bryson DeChambeau e Tony Finau all’1:16 mentre alle 8:07 dalla 10 ci saranno Rory McIlroy, Adam Scott e Justin Rose.