Personalmente è stata una stagione che mi ha dato moderate soddisfazioni. Un anno in continuità con quello precedente, simile nel risultato finale e nel gioco. Ho puttato leggermente meglio, una piccola soddisfazione nella consapevolezza che il lavoro è ancora lungo. Ho passato più tagli ma avuto meno settimane nelle quali sono stato in contention per la vittoria. Il 2021 era iniziato male mentre quest’anno ho giocato meglio da subito. La pausa invernale più corta ha giovato. Ho notato che una pausa lunga mi crea difficoltà. Infatti, vado in Sudafrica a dicembre per essere pronto per Abu Dhabi e Dubai a gennaio. Durante la stagione ho fatto qualche gara di troppo per cause personali, avevo la famiglia con il Covid e sono dovuto stare in giro!
Per il 2023 non cambierò molto. Ho iniziato a lavorare da 90 giorni sul putt con Jon Karlsen, un norvegese che collabora con diversi giocatori sul tour; mi sta aiutando molto e sicuramente continuerò il lavoro iniziato perché ho visto dei miglioramenti. Il resto dello staff è il medesimo così come i materiali, mi trovo molto bene con Titleist.
La Ryder Cup? Sono realista. Entrare come giocatore è molto remoto, il ruolo di vice-capitano mi porterà via tempo ed energie ma non più di adesso. Sono sempre stato molto organizzato e non credo avrò particolari problemi a gestire il tutto.
Un bilancio degli altri azzurri? Un anno alla fine negativo. Per alcuni c’erano avvisaglie, Andrea Pavan e Lorenzo Gagli purtroppo non stavano giocando bene. Una volta sono stati salvati dal Covid, Andrea aveva ancora l’exemption per la vittoria ottenuta nel 2019 al BMW International Open. Speravo potessero riprendersi e giocare meglio ma così non è stato purtroppo. Nino Bertasio ha avuto problemi alla schiena e ha perso tutte le categorie sul Tour, bastava poco e avrebbe raggiunto il numero di gare necessarie. Nella situazione attuale non so cosa potrà fare. Renato Paratore e Francesco Laporta hanno mancato la carta di pochissimo. Renato ha un grosso potenziale ma è molto discontinuo, con il gioco lungo a volte fa veramente fatica e sui campi del Tour non te lo puoi permettere. Lapo ha ricalcato la stagione precedente che però era riuscito a rimettere in piedi dopo l’Open d’Italia mentre quest’anno gli sono mancati gli acuti. A questo livello basta pochissimo per perdere o tenere la carta.
In generale con i nostri numeri abbiamo sei/sette giocatori che possono stare sul tour e basta poco per trovarci con pochi italiani presenti. Dal Challenge da qualche anno non arrivano nuovi. Negli altri paesi quando un giocatore perde la carta ne arriva subito un altro e si crea un ricambio. Serve un allargamento della base e forse si dovrebbe fare qualcosa per inserire i giovani sul tour. Se posso fare una critica mi pare che già a livello di Nazionale arrivino con la convinzione di poter giocare sul Tour maggiore senza rendersi conto di quanto la strada sia ancora lunga. Filippo Celli ha fatto una stagione pazzesca ma non ha passato la Qualifying School. Quando i giocatori da dilettanti arrivano direttamente sul tour è un caso. Troppo spesso capita di parlare con amateur all’Open d’Italia convinti che passeranno senza capire che servono lavoro e sacrificio. Non serve tanto un lavoro pratico fatto sui dilettanti ma più un cambio di attitudine trasmettendo loro il concetto che non è sufficiente il giocar bene per passare pro. Alcuni addirittura ritengono di non meritare di giocare sull’Alps, si sentono di livello superiore. Però la categoria parla chiaro. Prendete Matt Wallace o Gagli: sono partiti e passati dall’Alps facendo gavetta e avendo l’umiltà di mettersi in discussione. Nessuno è nato imparato. Chiudo con un augurio per il golf italiano: spero che la Ryder Cup sia un grande successo che ci porti tanti nuovi giovani giocatori e appassionati e che il 2023 possa segnare l’anno della definitiva svolta.