Bryson DeChambeau e Rory McIlroy, per motivi diametralmente opposti, sono stati i due protagonisti del 124° U.S. Open che ha incoronato il campione americano.

Quello che ha fatto Bryson DeChambeau negli ultimi due mesi ha dell’incredibile: secondo al PGA Championship e primo allo U.S. Open.

Ecco a voi l’ennesima dimostrazione di quanto sia un peccato non vedere giocatori di tale portata competere insieme ai protagonisti del PGA Tour tutte le settimane. 

Silvio Grappasonni su Bryson DeChambeau

È poi indubbio quanto Bryson DeChambeau serva al golf perché ha le sue idee, studia, si documenta, conosce la storia di questo sport e, soprattutto, è carismatico e riconoscibile. Certo, può piacere o meno ma è una personalità ben distinta.

Se accendi la televisione e lo vedi sai subito che si tratta di lui.

Diversamente per altre personalità del PGA Tour come Webb Simpson, Patrick Cantlay e lo stesso Scottie Scheffler. Sono più o meno tutti uguali e piatti, DeChambeau, al contrario, coinvolge il pubblico, esulta e smuove la folla. 

Altro dettaglio da non trascurare è che oltre a tirarla lunghissima a modo suo approccia e putta in modo divino. E vi assicuro che con i wedge che ha lui della stessa lunghezza di un ferro 7 è tutt’altro che scontato.

Si dice che sia solo muscoli ma se sentite le sue dichiarazioni si capisce che non è così. “La mia tattica è tirare il più forte possibile e prendere il 45% dei fairway”.

In questo modo sa che appoggiandosi sul suo gioco corto il risultato in un modo o nell’altro lo porta sempre a casa. E allo U.S. Open la percentuale dei fairway in regulation a malapena arrivava al 35%. 

Il Bryson ha poi radicalmente cambiato il suo atteggiamento nei confronti del pubblico, è molto social, ha un canale YouTube e al di là della simpatia e intraprendenza, è estremamente intelligente e credo che dietro tutto questo ci sia sempre un’importante attività di marketing, come per la maggior parte dei giocatori americani.

Il punto di Silvio Grappasonni sui major

E poi dal mio punto di vista è davvero divertente da commentare. Mai noioso, è riuscito a tenerci incollati alla TV fino all’ultimo.

Questa 124esima edizione dello U.S. Open è stata emozionante e coinvolgente e devo dire che mi è piaciuto molto anche il PGA Championship.

Paradossalmente il major più noioso in questa stagione è stato il Masters, ma come dico sempre, se ad Augusta preparano un campo troppo duro e difficile il torneo perde in spettacolarità. 

Rory McIlroy visto da Silvio Grappasonni

E veniamo al secondo protagonista che insieme a Bryson ha contribuito a rendere lo U.S. Open indimenticabile: Rory McIlroy.

Che dire, questa batosta rischia di sfasciargli per sempre la carriera. Altre volte è arrivato secondo in un major ma perché gli altri giocatori hanno fatto meglio di lui.

Ricordiamoci la vittoria di Cameron Smith all’Open Championship di St Andrews, quando nelle ultime 9 buche ha fatto 11 putt.

Il mercoledì prima dell’inizio di Pinehurst il nordirlandese aveva dichiarato che non ha l’ossessione dei major.  E invece, caro Rory, ce l’hai eccome, altrimenti non avresti mai fatto un finale del genere.

È andato in confusione completa e il mancato putt da 70 centimetri alla 15 ha rotto il sistema compromettendo definitivamente il torneo. Se analizziamo nel dettaglio le ultime buche di McIlroy vediamo che nel complesso ha fatto quattro errori fatali: due tecnici e due tattici. 

I primi, lo sappiamo, sono i due mancati putt dalla cortissima distanza alla 15 e alla 18. Ma i tattici sono di una gravità assoluta: il ferro sbagliato al par 3 della 15 dove invece che il 7 era palese dovesse tirare l’8 e, peggio ancora, il drive alla 18, un bastone per un giocatore della sua lunghezza da non tirare mai.

Ora, partiamo con il dire che la storia del golf è ricca di putt sbagliati da vicino che hanno compromesso la vittoria a molti fuoriclasse, ma vedere un Rory cadere in due errori sulla scelta del bastone proprio non me l’aspettavo.

Avete mai visto sbagliare la tattica a un Nicklaus, un Tiger o a un Faldo? Mai… 

C’è poi chi punta il dito contro il suo caddie.

Ecco, così come non considero il caddie determinante per la vittoria, allo stesso modo non lo ritengo così devastante per la sconfitta.

Nel complesso dare a lui la colpa è un po’ come puntare il dito sull’arbitro. Certo, il driver alla 18 avrebbe dovuto strapparglielo dalle mani, ma i putt li ha sbagliati il giocatore, mica lui. 

 silvio.graps@gmail.com