Il Covid-19 costringe la PGA of America a rimandare di 12 mesi la 43esima Ryder Cup. Una decisione inevitabile per preservare lo spirito e l’atmosfera di un evento che senza pubblico avrebbe perso tutto il suo fascino.
Quell’ 11 settembre di 19 anni fa nessuno di noi lo potrà mai dimenticare: il mondo si fermò attonito a guardare le incredibili immagini che arrivavano in diretta da New York e Washington, teatro del più grave attacco sul suolo americano dai tempi di Pearl Harbour.
Quell’anno, poche settimane dopo quella data che ha segnato in modo indelebile la storia contemporanea, Stati Uniti ed Europa del golf avrebbero dovuto giocarsi l’eterna sfida di Ryder Cup sui fairway del The Belfry, in Inghilterra.
Pochi giorni dopo la tragedia, il 16 settembre, la PGA of America informò che il team americano non avrebbe volato in Europa per l’evento.
Per la prima volta dalla sua nascita, la Ryder Cup fu posticipata all’anno successivo, passando dagli anni dispari a quelli pari.
Mai nessuno avrebbe immaginato che, a distanza di 19 anni, quell’inversione frutto di un evento drammatico si potesse nuovamente ripetere.
La pandemia da Covid-19 ha invece stravolto la vita di milioni di persone, procurando una scia di vittime il cui numero è ancora oggi tristemente da aggiornare giorno dopo giorno.
La decisione di rinviare la 43esima edizione, in programma dal 25 al 27 settembre a Whistling Straits, in Wisconin, era nell’aria da tempo e tutti i principali protagonisti, dai capitani ai top player, si erano apertamente schierati contro l’eventuale decisione di giocare a porte chiuse.
Provate a ricordarvi allora la Ryder Cup di Parigi, solo per citare l’esempio più fresco nella nostra mente.
Immagina quella stessa gara senza traccia dell’impressionante anfiteatro tra la buca 1 e la 18 de Le National, quel muro di folla colorata e festante che non ha smesso un secondo di incitare i propri beniamini.
Pensa a uno dei tanti decisivi birdie realizzati dal team europeo e al boato stile stadio di calcio successivo, all’esultanza smodata e agli abbracci di quegli stessi giocatori che invece settimanalmente, durante le gare del Tour, si lasciano andare al massimo a qualche pugno chiuso per celebrare i loro successi.
Ora immaginatevi tre giornate di match play disputate in un silenzio tombale, senza l’ombra di un incitamento ma solo con il cinguettio di qualche volatile di sottofondo.
La Ryder senza pubblico non è Ryder, né per i protagonisti, che grazie proprio alla sua incredibile atmosfera sono capaci di tirare fuori il meglio e oltre delle proprie capacità, né per chi sarebbe stato costretto a guardarla seduto sul divano di casa, senza quell’adrenalina che contraddistingue ogni istante di gioco.
A nessuno interessava trasmettere l’immagine di una Ryder sgonfia né a Seth Waugh, CEO della PGA of America, né a Guy Kinnings, direttore della Ryder europea. Svolgerla a porte chiuse avrebbe sporcato l’immagine e la fama di un evento che protagonisti e fan vivono in assoluta simbiosi, alimentandosi gli uni con gli altri.
Tutto rimandato quindi al 2021, sempre in Wisconsin, dal 24 al 26 settembre, per una decisione sofferta ma saggia che ha procurato fin dalla sua ufficialità l’8 luglio scorso un effetto domino a catena sulle successive edizioni e su molti altri eventi professionistici internazionali, tra cui la sorella Presidents.
La prima storica edizione italiana della Ryder, originalmente programmata dal 30 settembre al 2 ottobre 2022 al Marco Simone, si giocherà quindi nel 2023, con date ancora da stabilire.
“Prendiamo atto e condividiamo la decisione – ha commentato Franco Chimenti, Presidente della FIG -. Per noi non cambia nulla perché eravamo pronti a rispettare tutte le tempistiche. Continueremo a lavorare senza soste verso l’obiettivo, in piena sintonia con il board della Ryder Cup Europe, il Marco Simone e Infront, Official Advisor della FIG”.
Dello stesso avviso Gian Paolo Montali, Direttore Generale del Progetto Ryder Cup: “Rispettiamo la scelta fatta a causa della pandemia. Il successo della Ryder Cup dipende dalla visibilità mediatica dell’evento e dalla partecipazione degli spettatori in un clima di grande agonismo sportivo ma anche di entusiasmo popolare. Non nascondo il dispiacere per lo slittamento, in quanto in questi quattro anni abbiamo lavorato duramente e con grande rigore affinché tutto fosse pronto e nelle condizioni migliori per allestire una Ryder Cup iconica nel 2022. Il nostro cronoprogramma, anche per quel che riguarda i lavori sul percorso di gara e sui temi relativi alla viabilità e alle infrastrutture, è assolutamente in linea con i tempi prefissati come tutti gli impegni presi fino ad ora. Avremo maggior tempo per lavorare e rendere ancora più unico e speciale l’evento”.
Si torna così agli anni dispari pre 11 settembre, riprendendo una tradizione voluta da Samuel Ryder, ideatore dell’evento nel 1927, con il seguente programma, già stabilito fino al 2037: 2021 Whistling Straits (Wisconsin); 2023 Marco Simone (Italia); 2025 Bethpage Black (New York); 2027 Adare Manor (Irlanda); 2029 Hazeltine (Minnesota); 2031 Europa (da assegnare); 2033 Olympic Club (California); 2035 Europa (da assegnare); 2037 Congressional (Maryland).
I punti fino a ora conquistati dai giocatori sono congelati.
La corsa al sogno Ryder riprenderà con l’inizio della stagione 2021, con la speranza che allora il Covid sarà solo un ricordo di un anno da dimenticare in fretta.