Le regole del golf, lo sappiamo, sono infinite.

Spesso per una stessa norma se ne celano altre, arrivando a certi cavilli che solo i giudici più esperti riuscirebbero a decifrare.

Ora però dai circuiti professionistici arriva una piccola ondata di freschezza con una modifica che ha l’obiettivo di ridurre al minimo le potenziali squalifiche legate alla consegna dello score dei giocatori.

Nuovi cambiamenti all’orizzonte

Così, dopo anni nei quali vedevamo campioni tornarsene a casa per un errore che poteva essere evitato, le grandi menti del PGA Tour insieme a USGA, R&A e DP World Tour hanno decretato in modo netto la modifica alla definizione che cita “Quando viene restituito lo scorecard”.

Questo nuovo emendamento concederà infatti una finestra di 15 minuti per correggere un eventuale sbaglio anche dopo aver lasciato la recording area.

Attualmente le regola cita che, se un giocatore segna un punteggio superiore a quello realmente realizzato, non incapperà in nessuna penalità e quello stesso score risulterà valido ai fini della classifica.

Se invece sullo score è segnato un par invece che un bogey, allora si incappa nella squalifica. 

L’esempio clamoroso di Jordan Spieth squalificato al Genesis Invitational

L’ultimo in ordine di tempo a cadere in questa regola è stato Jordan Spieth, squalificato venerdì pomeriggio dopo il secondo giro al Genesis Invitational di metà febbraio.

Il texano firmò il punteggio segnando un 3 alla quarta buca, quando in realtà la chiuse in 4.

Si accorse subito dell’errore ma ormai era troppo tardi, il sistema aveva già registrato il suo score e fu costretto a lasciare il Riviera Country Club prima del previsto.

Anche i nostri azzurri non sono purtroppo indenni a casi di questo tipo.

Gli azzurri squalificati in passato

Ricordiamo Francesco Molinari squalificato nel 2009 nell’Irish Open perché invertì due buche.

e Renato Paratore si auto-squalificò all’UBS Hong Kong Open nel 2015 per aver segnato un par alla 11 invece che un bogey, e per un soffio non perse la carta per il DP World Tour. 

Roberto De Vincenzo e la sconfitta al Masters per un errore

Ma l’Oscar con standing ovation inclusa appartiene all’argentino Roberto De Vicenzo, che mancò l’accesso al play-off con Bob Goalby nientemeno che al Masters del 1968.

Il suo compagno di gioco, Tommy Aaron, nell’ultimo giro ad Augusta gli aveva segnato erroneamente un 4 alla 17 invece che un 3, e De Vicenzo al momento del controllo e della firma non se ne accorse.

Morale: lo score consegnato è stato ritenuto corretto, validato e De Vicenzo perse il primo major dell’anno per un solo colpo. 

Ma hanno ancora senso tutte queste regole oggi?

Ragionando su quanto accaduto a tutti questi giocatori, viene proprio da pensare a quali regole ci sarebbero da rivedere o, per lo meno, da aggiornare in questo sport che tanto amiamo. 

Ma è possibile che si possa buttare al vento un torneo e, se va male, un’intera stagione di viaggi, fatiche, fusi orari e sacrifici per una firma errata messa in buona fede? 

E soprattutto, questo fatto può accadere oggi, nel XXI secolo, considerando che ogni gesto e movimento viene registrato e monitorato da telecamere e giudici?

Uno nuovo spiraglio nel mondo delle regole

Ora, uno spiraglio di luce sembra arrivare dalla stanza dei bottoni del golf, ma quante altre regole obsolete e antiquate ci sarebbero da aggiornare e addirittura da cestinare?

Regole che, invece di limitare i tempi di gioco, sembrano fatte apposta per dilatarli.

Personalmente trovo assurdo che una palla che finisce in un divot al centro del fairway non possa essere droppata senza problemi.

E perché non è possibile pulire una palla infangata dopo un drive perfetto se quel giorno non si piazza?

Bene, ora tocca a voi elencare tutte quelle regole che a vostro avviso sono da rivedere o da cancellare dal sacro libro del R&A. 

Mi raccomando, non siate magnanimi.