Quella sensazione che arriva all’improvviso, in cui avverti che tutto diventa facile, fluido, divertente. Quei momenti di questo sport infernale in cui vorresti trovarti sul tee della buca 1 di qualche torneo internazionale e invece sei semplicemente sulla tee line del campo pratica di Terre dei Consoli, in un pomeriggio d’estate, dopo che hai trascorso l’intera giornata a costruire progetti, lavorare su idee, insieme ad altri tuoi colleghi di circoli limitrofi.
Allora vorresti che il tempo si fermasse lì, per poterlo fermare e poi riprendere nel momento in cui ne avrai bisogno, per una Pro-Am o una gara che sia.
Ho sempre vissuto questo “amore” non riuscendo mai a cogliere gli attimi giusti
Proprio come nei più classici rapporti a due, devi saper quando è il momento in cui devi incassare e quando invece attaccare. Non esistono momenti speciali per ricordare quanto l’altro sia importante. L’imperativo è stupire sempre, non rendere mai scontato ne prevedibile il rapporto. Ma la cosa fondamentale in una coppia è divertirsi.
Fra me e il golf è sempre stato un rapporto intenso, dove però a farla da padrone non è stata la complicità bensì la continua ricerca di conferme e il chiarimento quotidiano sul perché certe cose iniziavano e finivano nel giro di poche ore. Sensazioni fugaci che aprivano e chiudevano le porte del paradiso, senza neanche farmi realizzare e godere di quei pochi attimi di felicità.
Nella mia traversata golfistica ho incontrato parecchi Caronte che mi hanno accompagnato nelle zone più tenebrose, aiutandomi a venirne fuori grazie al cambio di prospettiva sia tecnica che mentale.
Ognuno di loro mi ha dato tanto, si è caricato molta della mia aspettativa e probabilmente si è preso pure qualche “fendente” dai miei tornei.
Se vuoi essere un giocatore forte, completo e con delle speranze devi sacrificarti, metterci passione, dedizione, avere carattere, talento e tanta tanta pazienza
Passione ne ho sempre avuta parecchia, altrimenti come si fa ad amare qualcosa. Penso di essere un giocatore talentuoso (a detta di molti), e ne ho avuto la prova in quei rari sprazzi di bel gioco durante tornei e allenamenti.
Fin da piccolo, dai tempi della scuola, nel ricevere le famose pagelle mi sono sempre sentito dire: “Potrebbe fare molto di più”.
Sono sempre stato quello del 6 rimediato in extremis, che studiava il pomeriggio prima per scampare un brutto voto. Quello che ha preparato l’esame di maturità 24 ore prima, buttato sulla scalinata di Piazza di Spagna con le cuffiette, Coca-Cola (non me ne voglia CR7) e, ovviamente, tre rosette piene di prosciutto crudo.
Tutto questo per raccimolare il famoso “36 due figure”.
Nel golf è successa la stessa cosa
Ho tirato milioni palline in campo pratica, cercando di imitare i miei beniamini. Passavo le mie giornate extra scolastiche al golf, puttando e approcciando. Facevo tutto quello che andava fatto, ma senza uno schema logico e forse senza metodo.
Questo mi ha penalizzato perché così facendo non sono mai riuscito a mettermi sotto pressione per poter affrontare tornei nazionali.
Questo si traduceva in notti insonne il giorno prima della gara e conseguentemente poche energie fisiche e mentali durante le 18 buche.
Purtroppo, quando sei schivo è più facile innervosirsi e fare stupidaggini, aprendo così la porta al mio “Baba Jaga”, ovvero colui che va ad uccidere l’uomo nero. Decine e decine di tornei vissuti sempre nel tentativo di galleggiare. Purtroppo, nonostante talento e passione, appartenevo a quella categoria di giocatori che lottava per passare il taglio, con giri disastrosi e altri diametralmente opposti. Cimiteri di bastoni rotti e lanciati in giro per l’Europa, un paletto rosso che all’età di 16 anni mi è costato l’ingresso in Nazionale, una sveglia non sentita e la conseguente squalifica al 3° giro in un torneo del Challenge, storie d’amore che mi hanno sempre remato contro. L’unico sollievo era quando rimontavo in macchina pronto per il ritorno a casa, nella speranza di resettare in fretta.
Ma la cosa bella è che, a distanza di anni e di uno stravolgimento della mia vita, sono ancora qui, in campo pratica, nella speranza che quelle poche ore, non passino mai.