Ci sono inventori misconosciuti. Tutti sanno di Edison e della lampadina, di Marconi e della radio, di Meucci/Bell e del telefono.
Ci sono altri artefici che invece si sono persi nella notte della memoria. Chi ha inventato la forchetta, ad esempio?
E dire che ha cambiato più il mondo questa posata che tonnellate di dotti trattati di chimica o di fisica. E il telefonino?
Nel bene e nel male è l’innovazione tecnologica che ha rivoluzionato le nostre vite, prima consentendoci (obbligandoci?) di restare in contatto vocale con le nostre conoscenze, poi imprigionandoci in un mondo di news, mail, informazioni, chat e pinzillacchere che ci rinchiudono in un cosmo virtuale dove ci si illude di essere protagonisti mentre invece si è schiavi.
Ma se vi chiedo chi ha inventato il telefonino, vi azzardereste a buttare lì un nome?
I sacri testi sostengono si tratti di Martin Cooper, arzillo ultranovantenne di Chicago che nel 1993, quando era direttore del dipartimento sviluppo e ricerca della Motorola, si esibì nella prima chiamata pubblica con un cellulare davanti a giornalisti e passanti a New York.
Ora chiamare “cellulare” il Dyna-Tac che utilizzò Cooper, sembra un po’ troppo ottimista: il suo apparecchio pesava un chilo e mezzo, aveva una batteria che durava mezz’ora e ci metteva dieci ore a ricaricarsi. Tanto che la Motorola ci mise dieci anni a produrre i primi esemplari commerciabili.
Ma il dado era tratto e da lì allo smartphone il passo è stato, tutto sommato, breve.
Anche noi golfisti abbiamo degli inventori misconosciuti. Tutti più o meno sanno che si deve al dottor Frank Barney Gorton Stableford l’introduzione del punteggio che porta il suo nome nelle gare a colpi.
Per ovviare agli 8, ai 9 e ai punteggi ancor più catastrofici nelle gare medal, al Glamorganshire Golf Club di Penarth nel Galles, nel 1898 escogitò il sistema di assegnazione di punti (e purtroppo di X) ormai quasi universale.
Meno si sa del signor Mulligan, che ancor oggi viene spesso invocato dopo ogni colpo sbagliato, soprattutto sul tee.
Dicono derivi da un giocatore canadese, David B. Mulligan (1869–1954), manager del Waldorf Astoria Hotel di New York , assiduo frequentatore del Country Club di Montreal.
Sulla nascita della sua “invenzione” esistono tre versioni. La prima narra che, dopo un tee shot scadente, Mulligan avesse l’abitudine di ripetere il colpo e tirare di nuovo.
Lui lo chiamava “colpo di correzione”, i suoi amici pensavano che fosse più appropriato chiamarlo, anche con un po’ di irrisione, “colpo alla Mulligan”.
Arrivato a New York, insieme alla sacca si portò anche questa abitudine che al Winged Foot Golf prese presto piede.
Una seconda versione sostiene che David Mulligan chiese il diritto al “colpo di correzione” a causa del nervosismo e della situazione fisica instabile dopo un difficile attraversamento del fiume San Lorenzo sul Victoria Bridge per arrivare al campo.
L’ultima versione si riferisce invece al suo arrivo all’ultimo minuto sul tee senza la possibilità di un adeguato riscaldamento.
Una ricerca più recente fa risalire il termine a un altro Mulligan, John A. “Buddy”, assistente di spogliatoio all’Essex Fells, nel New Jersey.
Negli anni ‘30, finito di pulire lo spogliatoio, ogni tanto giocava con l’assistente pro, Dave O’Connell e un giornalista e membro del club, Des Sullivan, che poi diventò redattore di golf per il Newark Evening News.
Un giorno il suo primo colpo fu così brutto che implorò O’Connell e Sullivan di consentire un altro colpo poiché loro “si erano allenati tutta la mattina” e lui no.
Ottenuto il loro assenso, Mulligan in seguito si vantò con tutti, nello spogliatoio di aver ottenuto un colpo in più dai due compagni di gioco.
Per i soci del club divenne un’icona e presto anche loro cominciarono a darsi dei “Mulligan” in suo onore.
Ora, quali che siano i veri protagonisti e le origini effettive del termine, l’inventore della “seconda possibilità” dovrebbe essere adorato non solo in appositi altarini sul tee della buca uno di ogni golf club, ma anche al di fuori dei Circoli.
In campo grazie a lui posso riavvolgere il nastro e, con la compiacenza dei compagni di gioco, far ripartire la mia avventura tra i green.
Nella vita mi piacerebbe molto farlo.
Ma in pochi purtroppo conoscono il signor Mulligan e, soprattutto, i compagni di gioco sono molto più scontrosi.