Diciamocelo chiaramente: finito questo reality modello ‘Casa del Grande Fratello’, abbiamo tutti quanti avuto un momento, o forse più, di disorientamento, non sapendo cosa poter fare e cosa no, ma con l’unica certezza di voler tornare a tirar palle, giocare, camminare, competere e sconfiggere i nostri mostri e i nostri compagni di gioco.
Come giusto che fosse, tutti i circoli si sono organizzati per poter offrire protocolli e linee guida che garantiscano il distanziamento sociale, le regole ed evitare assembramenti e la massima igiene all’interno del campo e delle sue facilities.
Ho sempre sostenuto che da momenti come questi si possa evolvere e magari modificare certi atteggiamenti e abitudini, per migliorare non solo la nostra presenza dentro il circolo ma anche quella degli altri.
“Altruismo” potrebbe essere il mantra del momento.
La paura del contagio ci ha insegnato a lavarci le mani ripetutamente, a mettere gel sanificante, usare la mascherina, rispettare la distanza, attendere il proprio turno per entrare in clubhouse o magari per accedere alla segreteria.
Tutte cose che teoricamente andrebbero fatte nella vita quotidiana, anche senza Covid-19. Adesso starai rileggendo la lista e penserai che magari è tutto giusto, tranne il discorso della mascherina.
E qui casca l’asino: già perché l’utilizzo delle tanto amate mascherine dovrebbe avvenire sempre, ogni qualvolta che si è raffreddati o malati, proprio per evitare di contagiare gli altri, quello che i giapponesi fanno da decenni.
Molti pensano che i nostri amici orientali utilizzino la mascherina per paura di essere contaminati invece è l’esatto contrario.
Forse, anzi ne sono certo, la regola inserita nel post Covid, che potrebbe cambiare di molto il socializzare nel golf, è quella relativa all’obbligo di prenotare una partenza, costringendo così i solitari a non poter giocare più individualmente ma sempre in gruppi di 3/4.
Lo scopo del golf è anche questo, ovvero condividere 18 buche in compagnia sia di amici che di perfetti sconosciuti.
Le dinamiche di gioco in campo hanno il potere di distruggere barriere emotive e la differenza delle classi sociali.
Siamo tutti uguali, con le nostre paure e incertezze, nell’attimo prima di dover tirare un drive, evitando laghi o boschi, o quando un putt da un metro potrebbe regalarci la coppa della domenica e farci sentire per un’istante o poco più il più forte di tutti.
Accettare il giudizio degli altri, condividere le stesse emozioni, sono senza dubbio il premio più bello che questo sport ci possa regalare.
Ecco che quindi trascorrere una giornata con persone che conosciamo poco, o addirittura per niente, rappresenterebbe un ulteriore passo in avanti nel processo evolutivo legato al golf.
Uscire dalla ‘confort zone’ mettendosi a nudo, senza la paura (che si trova solo nella nostra testa) di essere giudicati per una flappa, per un top o per l’ennesimo slice.
Siamo tutti nella stessa barca e, se remiamo insieme, il golf sarà ancora più bello e avvincente.