Albert Einstein diceva che esiste una forza motrice più potente del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: questa forza è la volontà, ciò che determina chi siamo e cosa vogliamo.
Su questi principi c’è chi come Kristoffer Ventura ne ha fatto uno stile di vita, decidendo già da bambino quale sarebbe stato il suo futuro.
Padre messicano e mamma norvegese, Kris è nato a Puebla, città a circa due ore da Città del Messico. All’età di due anni il golf entra nelle case dei messicani, viene trasmesso per la prima volta in televisione e il piccolo Kris, che faticava ancora a camminare, prese un mestolo di legno in mano e iniziò a fare i suoi primi swing. Quello stesso anno, per Natale, i genitori gli regalano un set di ferri in plastica non rendendosi ancora conto di cosa avrebbe riservato il destino a quel bimbo biondo con gli occhi azzurri.
La famiglia Ventura viveva vicino a un golf club pubblico, il luogo perfetto per dare libero sfogo alla passione per le palline con le fossette. Già all’età di sei anni Kris aveva girato gli Stati Uniti per competere nei Campionati Mondiali Baby, vincendo il primo premio nella sua categoria davanti agli occhi emozionati dei genitori, che capirono definitivamente di cosa fosse capace.
Ma il costo per realizzare i sogni di Kris era davvero troppo elevato. Fu allora che venne presa la decisione che cambiò la vita del piccolo campione, catapultandolo verso il suo obiettivo finale: giocare sul PGA Tour.
All’età di 12 anni la famiglia Ventura si trasferisce in Norvegia, a Oslo, dove il giovane Kris inizia a frequentare una scuola sportiva. L’impatto è traumatico: una lingua difficile da imparare, una cultura totalmente diversa con cui interagire e la malinconia degli amici e della famiglia lasciata in Messico.
Le difficoltà però svaniscono velocemente grazie al rapporto diretto con altri atleti che lo fanno uscire dal guscio delle proprie insicurezze e timidezze. Essere a contatto con ragazzi che si allenavano per le OIimpiadi gli fa prendere ancora più coscienza di sé. In poco tempo si fa valere nella squadra agonistica della scuola, inizia a girare il Paese e a vincere i primi tornei scolastici.
Tutto quello che aveva sempre sognato si stava avverando, la strada verso il circuito maggiore americano non sembrava poi così impossibile. Nel 2010 gioca la Junior Ryder Cup con la compagine europea ma perde contro una squadra che includeva nomi quali Jordan Spieth e Justin Thomas. “Finita la cerimonia di chiusura siamo andati tutti insieme al Celtic Manor per seguire i campioni che si contendevano la Ryder Cup. Ricordo perfettamente l’atmosfera che si respirava, le migliaia di persone sulle tribune e il tifo da stadio che echeggiava lungo tutto il percorso. Quello è stato il giorno in cui mi sono detto: ecco cosa voglio fare da grande. Questo è il mio posto e farò tutto il possibile per giocare, un giorno, contro questi ragazzi”.
Poi, due anni dopo, la chiamata in uno dei college universitari più ambiti degli Stati Uniti, l’Oklahoma State University, e compagni di squadra come Viktor Hovland, con il quale vince nel 2018 il NCAA Division I Men’s Golf Championship, il più importante torneo al quale prendono parte tutte le università degli USA, nonché un bel biglietto da visita per l’imminente passaggio al professionismo.
La vita di Kris Ventura è stata ricca di ostacoli e colpi di scena. L’ultimo in ordine cronologico un’operazione d’urgenza per appendicite dieci giorni prima della fase finale di qualificazione per il Korn Ferry Tour, circuito minore americano. “Mentre mi stavo riprendendo dall’operazione, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era quel torneo che avrebbe dovuto sancire la mia carriera da professionista. Se mi fossi ritirato, le possibilità di ottenere lo status di giocatore del Tour sarebbero state pressoché inesistenti”.
Ma, come si diceva poco fa, volere è potere. Il giovane norvegese si presenta sul tee della 1 dolorante e nemmeno in grado di completare uno swing intero. La storia però aveva in serbo per lui un lieto fine. Kris conquista la carta per il Korn Ferry Tour e nel suo primo anno da rookie ottiene due vittorie e vince l’ordine di merito, che gli permette di staccare il biglietto per la meta finale sognata da bambino: il PGA Tour.
“All’inizio, tutto quello a cui pensavo era conservare la mia carta ma contare e centellinare quanti soldi si guadagnano di settimana in settimana può farti impazzire. Ecco allora che ho deciso di focalizzarmi sul presente, avere una sana alimentazione e allenarmi con costanza. Avere un approccio positivo e razionale aiuta a superare le difficoltà. Il mio motto è ‘mai guardarsi alle spalle’ e pensare a cosa avrei potuto fare per cambiare la mia situazione. Bisogna sempre ragionare nel presente e proiettarsi nel futuro, fiduciosi nelle proprie capacità”.