Tra tutti i protagonisti che, a mio avviso, meritano il riconoscimento al termine del 152° Open Championship, il posto d’onore spetta a Justin Rose.

Se c’è qualcosa che mi ha fatto davvero emozionare di questa edizione dell’Open Championship è stata vedere la fame di vittoria di Justin Rose.

L’eroe Justin Rose

A 44 anni compiuti ha dimostrato quanto la forza di volontà e il talento abbiano predominato sulla gioventù e la velocità di swing di molti suoi giovani colleghi in gara. E pensare che per arrivare al Royal Troon ha messo da parte l’orgoglio passando attraverso le Final
Qualifying dell’Open Championship.

Una strada sempre in salita l’ha poi portato a essere tra gli sfortunati giocatori a scendere in campo nelle peggiori condizioni climatiche durante i primi tre giorni di gara.

E invece, su un percorso come quello di Troon che tormenta e, talvolta, mette in imbarazzo i migliori del mondo, l’esperienza e la saggezza di Rose, combinate con quel suo tocco di palla, gli hanno permesso di essere nel team leader all’attacco delle ultime 18 buche.

Dal Royal Birkdale al Royal Troon

Ovviamente, vincere l’Open Championship sarebbe stato il finale da fiaba che tutti aspettavano, completando un viaggio iniziato nel 1998 quando, al Royal Birkdale, allora giovanissimo, veniva premiato con la Silver Medal come migliore dilettante dell’evento e quarto assoluto.

Ventisei anni dopo essere apparso sui grandi schermi del golf, il diciassettenne aveva lasciato il posto a un uomo maturo, consapevole e determinato.

Unica chicca: indossava lo stesso modello di golf bordeaux sfoggiato nel ’98.

Alla fine non ha vinto, è vero, ma il suo gioco e il suo modo di stare in campo credo debbano essere da esempio per tutte le nuove generazioni che si approcciano al nostro sport.

Il rifiuto al LIV di Justin Rose

Diciamocelo, nessuno, me compresa, si sarebbe sorpreso se qualche anno fa l’inglese avesse deciso di arruolarsi nella Superlega araba, unendosi a coetanei del calibro di Sergio Garcia, Henrik Stenson, Lee Westwood e Ian Poulter.

Un’ottima carriera culminata con una cospicua somma che suona come un premio ricompensa per unirsi al LIV Golf, in un momento storico nel quale l’età media è sempre più bassa e la concorrenza sempre più accanita.

Quanti al suo posto avrebbero quindi fatto le valige, il check-out dal PGA Tour e si sarebbero uniti a Greg Norman?

Il ritorno alla vittoria sul PGA Tour e il trionfo in Ryder Cup

Il buon Rose ha invece nuovamente sorpreso tutti, reinvestendo su se stesso e riunendo un’intera squadra attorno a sé per massimizzare le sue potenzialità.

Si è chiuso in palestra con allenatori e fisioterapisti, ovviando ai problemi alla schiena degli ultimi anni, e ha messo mano al piano del suo swing tornando con il suo coach di vecchia data, Mark Blackburn.

Infine, nel 2023 ha richiamato il suo caddie storico, Mark Fulcher, con il quale ho conquistato lo U.S. Open del 2013, raggiunto il primo posto nel World Ranking e lo status di eroe nelle squadre europee di Ryder Cup.

L’anno scorso è arrivata un’altra vittoria sul PGA Tour dopo quattro anni dall’ultima volta, nell’AT&T Pebble Beach Pro-Am.

È stato poi selezionato da Luke Donald come 12° componente della compagine europea in Ryder Cup al Marco Simone, conquistando punti preziosi nei match del pomeriggio in quattro palle e portandosi sulle spalle un allora timido Robert MacIntyre.

Da sempre considerato il gentleman del golf, non ha mai detto una parola fuori posto, sempre cordiale e disponibile con spettatori, volontari e staff dei diversi tornei.

La mia intervista a Justin Rose

Ho avuto la fortuna di intervistarlo nel 2019, un’esperienza unica se ci ripenso.

Quattro chiacchiere con uno dei miei idoli di sempre sulla prua del suo yacht appena inaugurato.

In quell’occasione, di sua spontanea volontà, ha intavolato il discorso su Francesco Molinari e di quanto il golf italiano si meriti un giocatore e un fuoriclasse che possa portare il nostro sport ad avere molta più considerazione di quanto abbia ora.

Oggi, con questa seconda piazza nell’ultimo major della stagione, si è conquistato l’esenzione per giocare al Royal Portrush nel 2025, ha confermato un posto nelle fasi finali della FedEx Cup americana di fine agosto ed è comodamente dentro i primi 50 giocatori del World Ranking (al 34° posto).

Ma la sua fame di vittoria e lo spirito combattivo, siamo certi, non svanirà nemmeno questa volta.

federica.rossi@golfeturismo.it