L’Italia non ha certo bisogno di presentazioni a livello turistico, il nostro Bel Paese non ha infatti mai dovuto spendere troppi soldi per pubblicizzare il proprio splendido territorio.
Tutti ci conoscono, tutti ci amano e tutti ci vogliono. Siamo fra i Paesi più gettonati al mondo per i tanti motivi che tutti conosciamo: cultura, paesaggi, cibo, ospitalità e, ovviamente, storia.
I turisti spaziano dalle grandi città ai piccoli centri storici di campagna, dalle magnifiche e imponenti montagne alle celebri località di mare. Siamo letteralmente invasi da visitatori praticamente in ogni periodo dell’anno.
La novità di questo 2023 è che a settembre ci sarà un ulteriore valido motivo per venire in Italia: la tanto attesa Ryder Cup. La biennale sfida tra continente si tinge d’azzurro e avrà luogo a Roma, la Città Eterna che tutto il mondo ci invidia da sempre. Un evento davvero straordinario che tiene incollato davanti al televisore un terzo della popolazione del nostro pianeta.
La domanda nasce quindi spontanea: saremo pronti a ricevere questa marea di golfisti decisi a spendere qualsiasi cosa pur di godersi al meglio una delle settimane più belle della loro vita?
Le nostre città più famose sono abituate a gestire ondate di visitatori, speriamo che lo siano anche i nostri splendidi campi da golf. È un’occasione unica per farci conoscere dal punto di vista golfistico, non possiamo perdere quest’ultimo treno che il destino, o meglio il nostro Presidente Federale Franco Chimenti, ci ha offerto su un piatto d’argento. Un’occasione per accorciare le distanze sulle Nazioni che hanno ormai fatto del golf il loro centro di attrazione principale.
Eh sì, la verità fa male. Nonostante il nostro territorio sia perfetto per progettare campi da golf e per accogliere di conseguenza milioni di turisti all’anno, sono ancora pochi i visitatori che scelgono l’Italia come meta per una vacanza a “suon di birdie”.
Il nostro Sud Italia sarebbe stato il luogo ideale per costruire campi da golf, attirare gli amanti del nostro sport e creare migliaia di posti di lavoro. Purtroppo nulla è stato fatto in questa direzione e Paesi come Spagna, Portogallo e Grecia hanno ormai da anni il monopolio del turismo golfistico europeo.
I loro aeroporti si riempiono di sacche da golf in transito. Nei nostri invece se ne vedono di rado e le poche sono talmente oggetti sconosciuti che vengono spesso scambiate per tavole da surf o strumenti musicali da chi lavora nella distribuzione dei bagagli.
Viene davvero da piangere nel vedere durante i mesi invernali la Costa del Sol e l’Algarve invase dai golfisti del Nord Europa, mentre i nostri resort del sud in questo periodo o chiudono per riposo o sono letteralmente vuoti.
Il golf, purtroppo, sino ad ora non è mai stato visto come un business in Italia e viene ancora oggi considerato soltanto uno sport d’élite che riguarda una piccola nicchia di appassionati. Ci vuole davvero poco, invece, a capire che la nascita di un campo da golf ben strutturato per il turismo fa funzionare tutto ciò che gravita intorno ad esso. Un indotto enorme a 360 gradi, tanto lavoro e tanti bei soldoni in entrata per il nostro Paese.
È dagli anni 70 che sento ripetere la stessa classica frase: ci serve un campione per dare popolarità al nostro sport.
Beh, di campioni ne abbiamo avuti tanti in questi ultimi 50 anni. Da Baldovino Dassù a Massimo Mannelli, da Costantino Rocca ai fratelli Edoardo e Francesco Molinari e Matteo Manassero, per concludere con i nostri giovanissimi Renato Paratore, Guido Migliozzi e Andrea Pavan, che hanno recentemente vinto ben sette tornei sul DP World Tour.
Abbiamo conquistato due Coppe del Mondo, una pro e una amateur. Il golf nel frattempo è diventato anche sport olimpico ed ora ci apprestiamo ad ospitare nientemeno che la Ryder Cup. In cambio di questi incredibili avvenimenti, nulla o quasi è cambiato in Italia: non ci sono campi pratica in città, non esistono percorsi pubblici e per un ragazzino che vorrebbe cominciare a tirare due colpi la strada è davvero tortuosa e in salita.
E sì che di grandi aree dismesse e abbandonate, limitrofe alle nostre metropoli, ce ne sono davvero parecchie, alcune anche con enormi e ormai fatiscenti ville all’interno. Purtroppo, in Italia si preferisce lasciarle occupare abusivamente dagli stranieri piuttosto che bonificarle e trasformarle in un bel driving range, che possa anche avere il pregio di diventare un punto di ritrovo post lavoro dei golfisti che abitano in città e non hanno quindi un circolo a portata di mano.
Un campo pratica, fra l’altro, non è un grande investimento (come un vero campo da golf). Non va a stravolgere il paesaggio e non dà quindi fastidio a nessuno: in poche parole ha tanti pregi e zero difetti.
Insomma, per il momento nulla da fare, almeno in attesa di capire se saremo davvero in grado di sfruttare al meglio l’effetto Ryder. Fino ad ora anche noi golfisti italiani, per assurdo, invece di goderci il sole del nostro splendido Paese siamo stati spesso e volentieri costretti ad andare a giocare all’estero. Un trend che speriamo diventi nei prossimi anni solo un vecchio ricordo.