Parliamo di Zac Blair, professionista di 29 anni, che proprio l’anno scorso è riuscito a riconquistare il diritto di giocare sul Pga Tour dopo aver perso la carta nel 2018.
Uno dalla testa dura Zac, in tutti i sensi, capace di piegare un putt proprio colpendosi sul capo dopo aver sbagliato un corto tap-in durante il Wells Fargo Championship del 2016 (verrà squalificato per aver poi giocato con un bastone non conforme…).
Ma la storia di Blair va oltre.
Al centro del suo sogno c’è un golf club, fra i più emozionanti d’America, che a oggi non ha campo ne soci.
Sì perché il Buck Club ha seguaci e sostenitori in tutto il mondo e un esercito di follower online in lista d’attesa.
L’audace approccio di Blair alla promozione del Buck Club ha creato molti seguaci sui social media che adorano il suo commento architettonico e comprano il merchandising “TBC” (quasi sempre sold-out) come mezzo per sostenere la costruzione del suo sogno.
Il Buck Club potrebbe diventare il primo golf crowdfunding finanziato in gran parte dai sostenitori trovati su internet.
Gli sforzi in corso per costruire il Buck Club ricordano persino vagamente quando il grande Bobby Jones fondò il suo piccolo circolo ad Augusta, in Georgia (vi ricorda qualcosa?).
A differenza di Jones, Blair non è ancora una leggenda del golf, ma è un tenace sognatore con uno spirito che il fondatore di Augusta avrebbe senza dubbio apprezzato.
L’architettura del Buck Club si basa sui fondamentali dell’Old Course di St Andrews e dei grandi percorsi dell’era classica nell’architettura statunitense.
Decisioni strategiche, varietà, percorsi alternativi di gioco e un audace quanto stravagante fascino, saranno le caratteristiche di questa esperienza di gioco.
L’eredità del campo preferito di Zac Blair, il National Golf Links of America, progettato da Charles MacDonald (autore del primo campo a 18 buche negli States), pesa molto sul concetto del “The Buck Club”.
Usando gli insegnamenti dei più grandi architetti della storia e MacDonald come ispirazione, ogni buca stimolerà l’immaginazione e costringerà i giocatori a prendere decisioni su ogni colpo.
Itinerari alternativi al green saranno disponibili per i golfisti di tutti i livelli, dando, così come diceva Alister MacKenzie “Il più grande piacere al maggior numero di persone”.
Tutto questo anche grazie alla natura del terreno, su più livelli, dove è possibile letteralmente inventarsi nuovi percorsi sfruttando tee e green di buche diverse.
Queste infinite opportunità di gioco garantiranno ai soci del club un’esperienza unica e divertente per ogni round.
Il progetto del Buck Club continua ad andare avanti culminando in un evento di lancio, già ripetuto anche l’anno scorso che Blair ha chiamato “The Ringer”, un Invitational per una settantina di golfisti chiamati a unirsi a lui per un weekend speciale per elevare ulteriormente il progetto.
Sono convinto che il Buck Club non sia solo reale, ma forse uno dei progetti più interessanti nel golf in questo momento.