Nei miei tanti ruoli all’interno di questo mondo meraviglioso che è il golf, quello che mi ha sempre dato motivo di spunti, riflessioni, considerazioni e lunghe meditazioni, è stato senza dubbio il poter insegnare ad altri questo gioco diabolico, in tutte le sue sfumature.
Mi è capitato di tutto nella mia carriera di istruttore. Allievi super convinti delle proprie capacità, altri che si sono approcciati per passatempo, qualcuno spinto dal medico che ha consigliato il golf come unico sport percorribile a causa di una forma fisica approssimativa. E, per finire, quelli portati da amici invasati alla ricerca di un complice durante le vacanze tra famiglie.
Insomma, il bouquet offerto è sempre stato molto variopinto. Una delle grosse capacità che deve avere un maestro, forse ancora più importante di trasmettere concetti tecnici, è capire chi ha di fronte, quali sono le sue aspettative e, cosa fondamentale, farlo divertire.
Però tutto questo vale per chi ha deciso di mettersi in discussione cominciando a giocare a golf o per migliorare i propri risultati.
Gli allievi spendono tempo e danaro per progredire, evolversi, affidandosi completamente al proprio coach. Molto spesso passano pomeriggi rubando qualche minuto al proprio lavoro per immergersi nel fantastico mondo del web, dei social, cercando attraverso i milioni di video su YouTube di capire il modo per tirarla sempre forte e dritta, convinti in tutto questo che il maestro del circolo a cui hanno affidato le proprie sorti golfistiche non voglia svelare il famoso segreto, per non perdere allievi e soldi (assurdo).
Ma secondo voi, se ci fosse la parola magica o un segreto, non saremmo tutti più felici anziché arrivare la domenica sera affranti, con le orecchie basse, distrutti dal week end sui green? E noi coach magari avremmo la possibilità di confrontarci sui vari Tour, girando il mondo facendo sempre 65.
Purtroppo, non è così. Sarebbe pazzesco ma ognuno di noi vive con il proprio lato oscuro, con alti e bassi, con le proprie insicurezze e le certezze che durano come un gatto in tangenziale.
Tutti noi sul tee della 1 abbiamo paura, solo che molti riescono a gestirla e renderla produttiva e non si fanno sopraffare. Vi garantisco che ogni persona che fa del golf il proprio mestiere sogna e vive con la speranza un giorno di portare a casa uno score sotto il par e magari di vincere un torneo. Questo è l’unico sport che ti permette di non smettere mai di sognare. Tutto dipende però da quanto e come semini.
Tornando agli allievi, quelli che veramente mi fanno ridere sono coloro che vivono di lezioni “indirette”.
Si avete capito bene, quella categoria di amateur che non crede nelle lezioni e vede nei maestri una figura che è pronta solo a spillare soldi per non avere nulla in cambio (assurdo 2). Queste persone però sono le prime che quando una lezione sta per iniziare o lo stesso pro decide di tirare qualche colpo, si piazzano subito dietro al giocatore. Ne imitano la routine, gli esercizi propedeutici o addirittura iniziano a mimare quello che uno cerca di trasmettere all’allievo di turno.
L’esperimento
L’esperimento che ho fatto l’altro giorno mentre facevo lezione a una mia amica è stato quello di usare senza una logica stick, asciugamani e palle di gomma per vedere la reazione dei soliti noti. Esattamente dopo dieci minuti, come in una scena di ‘Mai dire banzai’, dietro di me tre dilettanti che probabilmente non avevano mai preso una lezione in vita loro stavano cercando di evitare gli ostacoli messi, non capendo che era impossibile non colpirli. Il mio era solo un tentativo (riuscito) per depistarli e fargli capire che per migliorare non puoi “scroccare” consigli da una figura professionale che hai sempre visto come inutile e che hai sempre ripudiato, ma che l’unico modo è quello di affidarsi a un maestro PGAI, con cui condividere e progredire.