Nella diatriba tra PGA Tour e LIV Golf non si è mai posta abbastanza attenzione su Greg Norman e sulla sua volontà di rivalsa, le cui radici risalgono agli inizi degli anni ’90.
Greg Norman, PGA Tour e LIV Golf
Correva l’anno 2021, l’altro ieri per intenderci, e ovunque imperversava l’avvio di questo nuovo circuito saudita che, a suon di milioni di dollari, stava piano piano ingaggiando i più forti giocatori in circolazione con la promessa di rivoluzionare il modo in cui veniva gestito il golf professionistico.
Il PGA Tour, al contrario, vedendo minacciato il proprio monopolio ha cercato in tutti i modi di stroncarlo sul nascere annunciando l’intenzione di implementare una serie di regolamenti più severi sul circuito.
Tali regolamenti erano mirati a mantenere il controllo sui giocatori e sull’immagine del tour stesso. Missione, come sappiamo, fallita miseramente.
E fin qui, nulla di nuovo.
Sulla diatriba tra PGA Tour e LIV Golf si è infatti scritto di tutto e i diretti interessati sono arrivati a darsi battaglia persino dentro le aule di un tribunale.
Ora, però, qualcosa sembra essersi fermato e voci di corridoio parlano di un possibile accordo a partire dal prossimo anno.
I progetti passati di Greg Norman
Al di là quello che si deciderà nelle alte stanze dei bottoni mettiamo sotto i riflettori una figura che, in questi anni, non ha avuto il giusto peso nella vicenda: Greg Norman.
Lo Squalo Bianco, ex numero 1 del mondo, è sempre stata una figura emblematica nel panorama golfistico mondiale nonché precursore dei tempi attuali.
Era infatti il 17 novembre 1994 quando il campione australiano sentiva che il golf aveva bisogna di una scossa e metteva sul piatto il “World Golf Tour”.
Un insieme di otto tornei ai quali avrebbero preso parte i primi 40 giocatori provenienti da ogni parte del mondo.
Un’idea stroncata sul nascere da un quartetto che portava il nome di Arnold Palmer, Jack Nicklaus, Gary Player e Nick Price.
Ma non era finita lì, almeno non ancora.
Né la generale mancanza di sostegno tra i migliori giocatori del momento, né le critiche esplicite di Palmer, su tutti, impedirono a Norman di perseguire il suo sogno.
Le voci sul WGT continuarono fino alla primavera del 1995 quando Tim Finchem, allora presidente del PGA Tour, aveva reagito a questa impellente minaccia inviando un promemoria ai suoi giocatori e avvertendoli che chiunque avesse preso parte a un evento del World Golf Tour sarebbe stato sospeso dal circuito.
Il fallimento di Norman e la sua rivalsa
Pochi anni dopo, nel ’97, arrivò la stoccata finale al buon Greg con la nascita dei tornei del WGC (World Golf Championship).
Un’immagine speculare di quello che aveva proposto l’australiano, con la formazione di una Federazione Internazionale nella quale il PGA Tour si univa ai tour europei, australiani, giapponesi e sudafricani.
Questi eventi fungevano da sfolgorante vetrina del potere dei più grandi campioni provenienti da ogni parte del globo tra Australia, Fiji, ed Europa, solo per fare alcuni esempi.
L’affermazione era chiara: il golf nella sua interezza doveva necessariamente passare per Ponte Vedra, in Florida, sede legale e operativa del massimo circuito a stelle e strisce.
Questo continuo gioco di controllo e dominio ha condizionato il mondo professionistico fino al 2021.
E così, per 27 anni, Greg Norman ha covato un desiderio di vendetta e come la Fenice che risorge dalle ceneri, il due volte campione Open Championship e il suo concetto di World Golf Tour sono resuscitati sotto forma di LIV Golf.
“Liv or let die” di Alan Shipnuck
Ad approfondire e sviscerare tutto quello che si cela dietro la lega saudita consiglio la lettura del libro “Liv or let die” di Alan Shipnuck.
325 pagine che scorrono veloci con tono pungente e a tratti irriverente al cui centro restano come sempre i soldi e il loro capacità di cambiare le carte in tavola.
E anche se il libro di Shipnuck è stato pubblicato prima della risoluzione di questo scontro tra Titani, la mancanza di chiusura non ha importanza perché il finale lo conosciamo già.
Alla luce di quanto scritto, è palese che la morale, se così la vogliamo chiamare, è che chiunque ha ormai il diritto di cambiare il mondo. Basta solo avere il potere economico per farlo.