La scomparsa di Grayson Murray ha gettato una luce sui problemi legati all’abuso di alcol e alla depressione. Ma cosa succederebbe se ogni giorno ognuno di noi facesse la sua parte?
La morte di Grayson Murray ha scosso il mondo del golf.
Il giovane americano la mattina di sabato 25 maggio ha deciso di togliersi la vita dopo essersi ritirato il giorno precedente alla buca 16 in occasione del Charles Schwab Challenge, adducendo a un malessere fisico.
Impossibile dire cosa sia passato per la testa e abbia sconvolto il cuore di un ragazzo di appena 30 anni, cosa gli abbia fatto annullare l’istinto di sopravvivenza che ci tiene abbarbicati alla vita.
E mentre ci facciamo queste domande lui aveva già imboccato una strada a senso unico.
La carriera e le difficoltà di Grayson Murray
Numero 58 del mondo, aveva all’attivo già due titoli sul PGA Tour, uno nel 2017 al suo primo anno da professionista e l’ultimo conquistato appena sei mesi fa, il Sony Open a gennaio.
In quell’occasione aveva dichiarato di avere problemi di alcolismo e depressione e di essere andato in riabilitazione nel 2019.
Spesso affidava le sue frustrazioni a Twitter, mettendo in luce il lato umano delle sue lotte e di come la pressione del massimo circuito americano e le aspettative esterne avessero contribuito al suo stress e alla sua dipendenza.
Nell’ultimo anno sembrava essersi lasciato i suoi demoni alle spalle, aveva vinto due volte sul Korn Ferry Tour nel 2023 riconquistando così la carta per il PGA.
A gennaio 2024, a seguito della sua vittoria alle Hawaii, aveva usato parole forti che, con il senno di poi, potevano essere un forte campanello d’allarme: “La cosa migliore e peggiore che mi sia mai capitata è stata la vittoria nel mio anno da rookie. Da quel momento è cambiato qualcosa e credo che l’alcol abbia fatto emergere un lato di me che non conoscevo, un mostro che non mi appartiene. Molte volte ho pensato di arrendermi, di rinunciare a me stesso e al gioco del golf, di rinunciare alla vita”.
La sua storia è un promemoria potente che il successo professionale non immunizza dalle sfide personali.
Ha sottolineato l’importanza di cercare aiuto e di parlare apertamente dei propri problemi, sperando che la sua esperienza possa aiutare altri atleti a sentirsi meno soli nelle loro lotte.
Gli altri esempi di genti estremi in campo sportivo
E purtroppo Murray è solo l’ultimo sportivo in ordine di tempo ad essersi suicidato.
Nel golf è la prima volta che succede una tragedia di tale portata ma la storia dello sport è costellata di nomi di atleti scomparsi prematuramente.
Pensiamo Adam Walker, il rugbista scozzese che nel 2022 si è tolto la vita a 31 anni mentre combatteva da tempo contro i fantasmi della depressione e l’uso di sostanze stupefacenti.
Emilia Brangefält, giovanissima trail runner svedese di 21 anni, che a novembre 2023 si è tolta la vita per un problema cardiaco che le impediva da mesi di continuare ad allenarsi e gareggiare.
Una lista troppo lunga che, purtroppo, comprende numerosi nomi di sportivi giovanissimi e over 40 venuti a mancare troppo presto.
Insomma, discorsi difficili da affrontare e da mettere nero su bianco.
Da fuori non ci si rende conto delle difficoltà che si possono riscontrare e dell’ambiente competitivo dove è molto facile sentirsi soli.
Così come i costanti viaggi e le lunghe settimane lontani da casa non fanno altro che fare da cassa di risonanza a depressioni latenti.
Basta un niente per accendere la miccia e per far sì che il dono della vita, in fondo, non sia considerato il bene più prezioso.
E forse questa vicenda di Murray potrebbe contribuire a rompere il silenzio e lo stigma intorno a questi temi cruciali, offrendo speranza e ispirazione a molti.
Il discorso e il monito di Harry Higgs
E a proposito di ispirazioni, vi invito ad ascoltare il discorso che Harry Higgs ha tenuto a seguito della sua vittoria sul Korn Ferry Tour, domenica 26 maggio.
Higgs ha invitato tutti a fare la differenza nei confronti di chi si ama o semplicemente di chi si incontra per strada, perché troppo spesso sottovalutiamo il potere di un sorriso, di una parola gentile, di un orecchio in ascolto, o di un complimento sincero.
In fondo, lo scriveva Platone nel VII secolo a.C. “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre”.
Donare gentilezza ci pone di fatto davanti a un gesto totalmente spontaneo e gratuito.
Ecco, quindi, che seminare gentilezza è il regalo più grande che, ogni singolo giorno, ci possiamo regalare.