Francesco Molinari racconta come inizierà la stagione a gennaio con la Team Cup come capitano della squadra dell’Europa Continentale. Un inizio anno negli States, cercando di portare in gara le buone sensazioni di fine stagione.
Analizzando i risultati è stata un’annata in linea con le ultime. Sicuramente qualche buon momento c’è stato ma non posso dirmi soddisfatto.
Come avevo già raccontato, nell’autunno scorso ho iniziato un percorso di cambiamento e rottura con il passato.
Se analizzo l’insieme mi sento più avanti rispetto a un anno fa ma ovviamente nello sport contano i risultati. Le sensazioni positive stavano iniziando ad arrivare e da un lato sono dispiaciuto che sia terminata la stagione e ci sia un’interruzione.
Dall’altra può essere un momento di bilanci e di riflessione e spero di fare ancora qualche passo in avanti in questi mesi.
Sento che i progressi debbano essere fatti più in gara che in allenamento. Non si tratta solo di una questione psicologica.
Il benessere psicologico è fondamentale per Francesco Molinari
L’aspetto mentale va curato ma è uno degli ingranaggi del meccanismo complesso che è il golf.
Fare score è la somma di diversi fattori che ti portano a ottenere risultati migliori. E non si tratta di mancanza di motivazione, non l’ho mai avvertita.
Nel corso della mia carriera sono arrivato a un livello al quale ambivo ma che, in fondo, neanch’io pensavo di raggiungere.
Nel momento in cui ci sono arrivato può essere che mi sia posto aspettative alte e che queste abbiano avuto qualche effetto non ottimale.
Sono pro da quasi vent’anni, ci sta di avere momenti complicati.
Anagraficamente non mi sento vecchio ma è innegabile che ci sia un usura fisica e mentale: osservando i giovani noto che sono di una generazione precedente ma questo non rappresenta per me un problema.
Guardate mio fratello Edoardo. Sei giri di golf in sette giorni mettendo in fila anche i nuovi talenti. Gli ho scritto un messaggino al giorno, standogli vicino ma senza disturbarlo troppo.
La sua prova è stata un capolavoro, ma conoscendolo non ne sono rimasto del tutto sorpreso. Ha una passione come pochi al mondo. Inoltre, mesi fa, ha fatto delle scelte importanti, cambiando caddie e allenatore.
Sapeva del rischio di dover tornare alla Qualifying School e così ci è arrivato pronto.
Francesco Molinari su Matteo Manassero
A proposito di momenti difficili, Manassero ha fatto un’impresa.
Egoisticamente sono felice perché avrò un compagno di viaggio. Nel golf ci sono tante storie di cadute e rinascite, ma lui le supera tutte.
Sono felicissimo per la persona che è Matteo. È stato lodevole ad andare avanti, rimboccarsi le maniche e trovare il modo di risalire.
È bello sapere che succeda a un italiano e a un ragazzo d’oro come lui.
I primi appuntamenti del 2025 di Molinari
Ora mi prendo una pausa di un mese, poi andrò ad Abu Dhabi per la Team Cup. Chiarisco un paio di punti rispondendo a qualche domanda che mi è stata fatta.
Sul fronte europeo, per giocare la Ryder Cup, devi essere membro del DP World Tour. Sergio Garcia si era dimesso, un po’ per protesta, ma ora è tornato indietro.
Altri invece, come Jon Rahm, hanno giocato sul LIV continuando a rimanere membri e mettendo in preventivo la possibilità di pagare le multe, se queste verranno confermate dal tribunale.
L’avventura da capitano per la Team Cup
La Team Cup è un evento unico. È un modo per partire bene e iniziare a creare unità d’intenti e spirito di squadra tra giocatori che non si conoscono tanto perché magari impegnati su tour diversi.
La macchina organizzativa è la stessa che si occupa del Team Europe per la Ryder Cup: si riproducono in scala gli impegni della settimana di gara, compresi i team meeting, le fotografie, gli accoppiamenti basati su palline che si utilizzano, personalità e statistiche.
Si vuole dare un’idea a tutti di com’è la Ryder: ci sono capitano, giocatori qualificati (anche se alcuni che hanno già esperienza non ne prendono parte), wild card proprio come nell’evento più famoso.
Mi ha fatto molto piacere essere confermato alla guida di un team. Quando abbiamo giocato insieme a New Orleans, Luke Donald mi aveva anticipato che aveva pensato a me come capitano dell’Europa, e ho accettato volentieri.
Come per la Ryder non si gioca per denaro
A tal proposito ci sono stati dei sondaggi del tour tra chi ha giocato a Roma sull’eventuale ricompensa, ma la risposta univoca è stata che non c’era interesse nell’essere pagati.
Non capisco bene il fronte americano, specie per quel livello di giocatori, per i quali la cifra che verrebbe corrisposta non cambierebbe molto.
Poi magari verrà fuori che la richiesta non è partita dai giocatori. Noi europei giocheremo per l’onore, sperando ovviamente di riportare a casa la coppa.