All’Open d’Italia festeggio i miei primi 20 anni.
Come ogni buon italiano sono profondamente legato a questa competizione, fiore all’occhiello del nostro panorama golfistico. I ricordi che ruotano attorno all’Open sono davvero tanti. Non potrò mai dimenticare l’emozione che ho provato nel 1999 quando ho giocato il mio primissimo Open d’Italia da dilettante.
Ero a Torino, il circolo nel quale sono nato e cresciuto, non avevo passato il taglio ma l’onore di giocare la più importante manifestazione italiana sarà per sempre impressa nella mia mente.
Indimenticabile poi la prima vittoria di Chicco a Tolcinasco nel 2006 e l’Open d’Italia del 2016, quando nacque mia figlia Margherita.
La conferma di questo torneo è stata una notizia accolta con positività da tutti noi giocatori. In ottica Ryder Cup è importante dare continuità al movimento golfistico anche se quest’anno l’Open non rientrerà in un evento della Rolex Series.
Già il fatto che si giochi è un bel segnale positivo e non posso che ringraziare la Federazione Italiana Golf. Lodevole l’impegno che ci mette nel dare la possibilità a tutti i giocatori italiani di essere competitivi nelle diverse manifestazioni dei circuiti europei, dal Tour maggiore all’Alps.
Troppe limitazioni
Il 77° Open d’Italia sarà un torneo dai toni scuri rispetto a quello a cui ormai siamo abituati ad assistere. Un Open diverso, come diverse sono tutte le competizioni che, post lockdown, il calendario dell’European Tour ha riprogrammato.
Un evento senza pubblico, senza le nostre famiglie e il nostro staff al seguito.
Il Chervò San Vigilio ospiterà solamente i giocatori, i caddie e l’entourage del circuito europeo.
Le vite dall’inizio della pandemia sono radicalmente cambiate così come la routine quotidiana in campo.
Si resta per più tempo lontani da casa cercando di fare almeno due o tre gare consecutive, spostandosi da una ‘bolla’ all’altra.
All’inizio della settimana di gara si può scegliere un giocatore con il quale cenare per tutti i sette giorni, sempre nel ristorante dell’albergo, per il resto del tempo si è soli.
L’aiuto del pubblico
Questo è il massimo della libertà concessa. Abbiamo anche dovuto fare i conti con il giocare senza pubblico. Se per certi versi è ininfluente, anzi, alcuni giocatori lo preferiscono, per altri ci siamo accorti che sia diventato controproducente.
In alcuni percorsi, specialmente con il rough molto alto, gli spettatori ti aiutano a trovare le palline, limitando il tempo di gioco e facilitando punteggi bassi. Spesso si perdono palle, i minuti di ricerca sono solamente tre e inevitabilmente gli score si alzano. Ora, la mente è rivolta all’appuntamento a San Vigilio.
Non ho mai giocato particolarmente bene nelle mie 19 edizioni di Open disputate, ho fatto un paio di buoni piazzamenti a Tolcinasco e Royal Park ma mai una top ten… e sarebbe anche l’ora.
La mia prima volta al Chervò
Anche se non conosco il percorso di Chervò, ho voglia di fare bene.
Dalla ripresa delle gare ho giocato al di sotto delle mie aspettative, devo ancora migliorare sui green evitando errori banali che compromettono lo score finale, ma spero di arrivare all’appuntamento sul Lago di Garda con le sensazioni giuste e di raccogliere quello che meriterebbe il gioco attuale.
Insieme a me saranno tanti gli azzurri in campo, molti con un’ottima probabilità di vittoria. Questo Open d’Italia, ridimensionato per ovvi motivi, non vedrà la partecipazione di grandi nomi come nelle passate edizioni, ma cerchiamo di vedere ugualmente il bicchiere mezzo pieno. Una possibilità in più per noi italiani di riportare il trofeo in Patria dopo la vittoria di mio fratello Chicco nel 2016 e far sventolare, orgoglioso, il nostro tricolore.