Una pioggia di risultati, guadagni e premi. Questa in sintesi la stagione di Dustin Johnson, che la scorsa settimana si è chiusa con l’assegnazione del titolo di “Giocatore dell’Anno”, votato dai suoi colleghi del PGA Tour. Un riconoscimento quasi inevitabile, alla luce di quello che DJ ha saputo fare in un periodo quanto mai difficile per la pandemia del Covid-19.
36 anni, abitante a Jupiter (Florida) come molti dei maggiori golfisti del mondo, Dustin ha vinto per la prima volta nella sua vita quest’anno la FedEx Cup. Ben tre successi su 14 sole gare disputate, più due secondi posti, sono un ruolino di marcia straordinario. Senza contare che due dei successi (Northern Trust e Tour Championship) e una piazza d’onore (dopo uno straordinario duello con Jon Rahm) hanno impreziosito le tre gare di finale della stessa FedEx Cup. Da segnalare fra l’altro che Johnson detiene anche il record assoluto (sei successi) nelle gare a eliminazione che chiudono il calendario annuale del PGA Tour.
Questi risultati gli hanno garantito di allargare il distacco che lo separa dagli inseguitori al primo posto dell’Official World Golf Ranking. DJ si è seduto sul trono di numero uno del mondo il 23 agosto scorso, dopo aver trionfato nel Northern Trust. Da allora è riuscito a contenere gli assalti di altri tre fuoriclasse come Jon Rahm, Justin Thomas e Rory McIlroy.
Dustin ha occupato la posizione di leader per la prima volta il 19 febbraio 2017 e l’ha mantenuta per oltre un anno (64 settimane). Poi, con vari intervalli è ritornato al comando altre quattro volte e oggi le sue 96 settimane di regno lo collocano in quinta posizione assoluta. Ne basterà ancora una per appaiare Nick Faldo e dieci per raggiungere Rory McIlroy al terzo posto, alle spalle degli inavvicinabili Tiger Woods (683 settimane) e Greg Norman (331).
Chiusa la stagione 2019-2020 con un momento di forma assolutamente straordinario, DJ era l’inevitabile favorito per lo U.S. Open. Pur giocando un ottimo torneo, non è mai riuscito ad andare sotto par (73, 70, 72, 70). E così si è dovuto “accontentare” del sesto posto, a 11 lunghezze da Bryson DeChambeau. Un successo sarebbe stata la ciliegina sulla torta, che forse Dustin Johnson avrebbe anche meritato per il suo recente rendimento. Ma, come la sua carriera insegna, ha sempre avuto poca confidenza con i major.
Una sola vittoria (U.S. Open 2016) e ben cinque secondi posti (l’ultimo nel PGA Championship di quest’anno) non rendono forse merito a uno dei più controversi fuoriclasse del golf dei nostri giorni. Riuscirà a rifarsi nel Masters di novembre? Nel 2019 finì secondo, con Schauffele e Koepka, a un solo colpo da Tiger Woods. Forse quest’anno potrebbe essere la volta buona.