Difficile esprimere un giudizio positivo su quello che sta succedendo nelle alte sfere del golf mondiale. Da una parte c’è il PGA Tour che ha fermamente difeso il suo territorio, la sua storia e il golf in generale. Dall’altra abbiamo il LIV Golf che con i suoi ingaggi stellari sta cercando di fare terra bruciata al massimo circuito a stelle e strisce.
Ora però entriamo nel dettaglio e vediamo bene cos’è successo sul percorso del Centurion Golf Club, a Londra, in occasione del primo evento di questa Superlega araba.
Il primo aspetto che mi colpisce sono i nomi che compongono il field di appena 48 partecipanti. Al di là di non più che 13 campioni noti, gli altri sono pressoché sconosciuti. E lo affermo io che i giocatori li conosco e pure bene. A complicare le cose ci si è messo anche il leaderboard con i cognomi abbreviati e qui, vi garantisco che ho fatto davvero fatica. Diciamo che questo non si sarebbe verificato se avessi seguito una gara di Formula 1. In pista i piloti, seppur contrassegnati dalla con sigla abbreviata, si riconoscono tutti, sui fairway londinesi no. E questo la dice lunga sull’importanza e sulla riconoscibilità di questo nuovo circuito.
Poi passiamo ai dati anagrafici. Mentre sul PGA Tour l’età media dei top player non arriva a 30 anni, nella LIV Golf Tour supera i 40. Possiamo definirlo una sorta di pre Senior Tour composto da un esiguo numero di giocatori che potevano ancora dire la loro in America, di nomi importanti ma che, ormai, non avrebbero avuto più chance di vittoria e di veri sconosciuti che, partecipando alla Superlega, hanno vinto la Lotteria di Capodanno. Per darvi dei numeri, con uno score di +24 l’ultimo in classifica si portava a casa 125mila dollari. Questo non è sport!
Nota positiva, il format e i tempi di gioco. Confrontando PGA Tour e LIV Golf, hanno infatti misurato che, in un lasso di tempo uguale, nella neonata lega si vedono in televisione 60 colpi mentre nelle gare del circuito americano praticamente la metà, 32.
Quello che poi non sopporto è l’ipocrisia che aleggia nei confronti del LIV. I giocatori non si sono mai chiesti da dove arrivino i soldi e i montepremi quando andavano a giocare in Cina e in Qatar, ora in Arabia Saudita sì. O è permesso giocare dappertutto oppure da nessuna parte.
Detto questo, rimango perplesso sull’esistenza di questo nuovo circuito nel quale non si trova tutta la tradizione, la storia e l’eredità che da decenni si porta dietro il PGA Tour. Per non parlare della sfera sociale e di come ogni settimana i tornei Oltreoceano aiutino le comunità locali con le numerose opere di beneficenza. Infine, il valore dello sport: se giochi bene vinci, se non giochi bene non passi nemmeno il taglio.
Questo concetto però decade se ti chiami Dustin Johnson. Avevamo ampiamente capito che la sua voglia di scendere in campo ed essere competitivo era svanita da tempo. DJ aveva ormai costante l’espressione di uno in coda sul Raccordo Anulare e l’ha dichiarato apertamente che ora le sue priorità sono altre e il golf è passato in secondo piano. Posso capire molti giocatori arrivati a fine carriera ma, nonostante questa premessa, non posso giustificare il LIV Golf Tour perché va contro lo sport nella sua essenza. Ormai si sta andando sempre più verso il calcio che ingaggia gli atleti con cifre astronomiche prima ancora che scendano in campo e, alla fine, mancano pure la prestazione.
Infine, c’è Tiger Woods che ha rifiutato 900 milioni di dollari optando per la fedeltà. Tiger è il golf per antonomasia e non avrebbe mai macchiato la sua immagine di divinità e la sua immortalità solo per soldi.