Che emozione vedere Guido Migliozzi diventare uno dei grandi protagonisti della 121esima edizione dello U.S. Open.
Guido è un giocatore completo e ha tutto ciò che un campione deve possedere: coraggio, carisma, tecnica e tocco della palla. Ma soprattutto ha coraggio, perché arrivare da ‘rookie’ a questo appuntamento e concludere con una Top 10 è qualcosa di praticamente utopico. Se in una gara del genere e con la pressione che questa può generare arrivi quarto vuol dire che tu la paura non sai nemmeno cosa sia.
Ricordiamoci che nell’ultimo giro ha segnato il secondo miglior score dopo Jon Rahm, vincitore del torneo. E questo grazie al suo carattere da combattente e alle sue capacità tecniche.
Guido è in grado di fare qualsiasi tipo di colpo, che poi è stato la chiave del suo successo a Torrey Pines.
Se continua su questa strada potrebbe tranquillamente entrare nel team europeo di Ryder Cup.
Dovesse dare ancora un paio di segnali del suo incredibile talento, sfido chiunque, in primis il capitano Padraig Harrington, a non portarlo con sé a Whistling Straits. Credo che Guido Migliozzi possa tranquillamente essere l’alter ego di Rickie Fowler quando si presentò, ancora sconosciuto, al Celtic Manor nella Ryder del 2010.
Al momento, quello che è sicuro, è che sarà un’estate molto impegnativa per il nostro azzurro che, dopo l’exploit in America, non si sta più fermando.
Un altro motivo di orgoglio è la partecipazione ai prossimi Giochi Olimpici, in programma dal 29 luglio al 1° agosto.
La competizione di Tokyo sarà una gara a sé e sono certo che la conquista della medaglia d’oro sia alla sua portata.
Quando però si apre il discorso sui Cinque Cerchi il dibattito si fa delicato.
Sono purtroppo tanti i Top Player, a partire da Dustin Johnson, che hanno già dato forfait e se la lista continuerà ad aumentare, non escludo che il Comitato decida di levare definitivamente il golf come disciplina olimpica.
Partecipare ai Giochi è motivo di orgoglio e di appartenenza alla propria Nazione e vedere così tante defezioni non fa bene al movimento golfistico mondiale. L’esperienza olimpica dovrebbe essere il traguardo per ogni atleta, il sogno nel cassetto che viene coltivato fin da piccoli ma nel golf, evidentemente, non è stata capita l’importanza di un evento di tale portata.
Rimango però della mia convinzione che se sei diventato un giocatore di un certo calibro e guadagni cifre astronomiche hai il dovere morale di restituire qualcosa al golf e quindi di giocare per la propria bandiera rinunciando, per una volta, a un torneo con un ricco montepremi.