Com’era oggi il campo? In ogni circolo il personale addetto si prodiga affinché il manto erboso sia sempre nelle condizioni ideali per performance di eccellenza.
Con grande meticolosità e tenacia si affronta il susseguirsi delle stagioni con i cambia- menti climatici e le temperature che a volte hanno il potere di compromettere ore e ore di assiduo lavoro.
E la relazione? Non soltanto il campo necessita di cura, anche la relazione ha bisogno di cura!
Sono davvero molte all’interno di un Circolo le figure che con il proprio lavoro danno il proprio contributo affinché ci sia la massima soddisfazione del Cliente, il Socio: il/ la Presidente, il Direttore, la Segrete- ria, i Professionisti, il Caddie Master, il Greenkeeper, il Superintendent, il Ri- storante, la Buvette, il Personale degli spogliatoi, i Coordinatori del Club dei Giovani…
Queste figure non ricoprono semplicemente un ruolo ma ciò che va oltre è l’insieme delle relazioni e delle dinami che che intercorrono fra di loro, dinamiche non sempre facili da gestire e non sempre scevre da conflittualità.
Appartengo a quella generazione per la quale la sacca era composta da un set di bastoni usati, spesso incompleto e utilizzato già precedentemente dai fratelli/ sorelle maggiori o dai genitori e dove dipingere il proprio drive (ovviamente in legno) e terminare l’opera con il flatting era davvero un’emozione.
Un tempo in cui gli esami delle regole per noi ragazzini erano molto severi e non permettevano sconti (per fortuna… lo sport è sempre e ancora il palcoscenico della vita).
Oggi microscopici “pulcini” con altrettante microscopiche sacchette circolano con entusiasmo e passione riempiendo di allegria i Circoli ma impongono anche un’organizzazione ad hoc, impossibile lasciarli a piede libero!
Non semplice gestire le lamentele di alcuni soci che a volte vedono sfumare la loro quiete.
Ecco il sorgere di bellissimi Club dei Giovani, vere aziende nelle aziende, ecco l’alternarsi dell’esercito di tate, babysitter, accompagnatori e genitori più o meno esigenti, più o meno soddisfatti, a volte pretenziosi o grati e riconoscenti dell’impegno prodigato verso i loro cuccioli.
Ho avuto il privilegio di veder nascere quello che, a mio parere è un Club dei Giovani meraviglioso, presso il Circolo Golf Torino la Mandria dove ho giocato per ben 42 anni (di cui tre di Consiglio) ma, proprio in questi anni che mi hanno accompagnata dalla mia infanzia oggi ho potuto constatare quanti cambia- menti si siano susseguiti.
Era meglio in passato? È meglio oggi?
L’obiettivo di questo articolo è lungi dal dare giudizi, è solo una piacevole riflessione che nasce dalla mia esperienza lavorativa: da trent’anni infatti mi occupo di Formazione e di Coaching progettando e conducendo nelle aziende corsi su misura del cliente in tutto l’ambito della comunicazione e dei rapporti interpersonali: dalla leadership alla vendita, dal telemarketing alla gestione della riunione efficace, alla gestione dei conflitti e delle lamentele.
Ma non è forse vero che anche un circolo di golf, al di là del gioco vero e proprio, ha dinamiche aziendali?
È inevitabile per me notare come i grandi cambiamenti del mercato e della società si siano riverberati anche nel gioco del golf.
Le regole del mondo del lavoro sono cambiate, alcune modalità educative sono cambiate, l’età per iniziare a giocare è cambiata, Internet arriva da anni ormai anche sul green.
Un mercato sempre più competitivo ed esigente, la continua mancanza di tempo e la fretta, il pretendere anziché chiedere, hanno fortemente penalizzato le relazioni.
Ecco perché indifferentemente dal ruolo ricoperto diventa fondamentale abbinare alle competenze tecniche delle competenze relazionali emotive e mentali.
Flessibilità, empatia, capacità di adattamento, dominio di sé e gestione dei conflitti diventano i nuovi parametri.
Quando la comunicazione interpersonale si fa difficile, conflittuale, genera ansia e disagio: la calma lascia il posto all’aggressività, la richiesta alla pretesa, il dialogo alla mancanza di ascolto.
Sono sempre più frequenti sul lavoro i momenti di tensione e in un attimo si parla di stress.
Ma non siamo al Circolo per giocare a golf direte voi?
Certamente sì ma questo accade purtroppo anche nel mondo del golf andando a incidere negativamente sul “clima” e sul proprio benessere psicologico.
Quando la comunicazione diventa conflittuale bisogna “scendere in campo” con abilità che ci permettano di conciliare e coniugare il divertimento con l’equilibrio personale.
Una prima considerazione nasce dalla consapevolezza che il termine team non viene soltanto riferito alla squadra di giocatori bensì a tutto il Personale che collabora a favore dei soci.
Un team vincente decreta il successo di un Circolo e saper dar vita a un team produttivo richiede molte abilità personali: comunicazione efficace, comprensione dei bisogni altrui, negoziazione, senso di appartenenza, gestione dei conflitti e delle lamentele.
Un team preparato sa comprendersi anche nelle differenze valorizzando punti di forza e accettando i limiti e le debolezze proprie e altrui.
Ma torniamo alla comunicazione efficace. Quante volte il conflitto si accende improvvisamente a seguito di alcune semplici parole o frasi?
In ogni Circolo (di pianura, mare o monti) come in ogni luogo di lavoro la comunicazione a volte diventa difficile, si inceppa, basta un tono diverso dal solito e la stessa frase assume un significato completamente distorto e in attimo è polemica.
Innanzitutto, è importante comprendere la tipologia di critica, allenandosi a riconoscere le sgradevoli sensazioni che esse provocano, per smascherare le manipolazioni che ne sono all’origine.
Vi sono due tipi di critiche: quelle costruttive e quelle manipolative.
Le critiche costruttive sono specifiche e situazionali, dirette a modificare il comportamento di un individuo (non la personalità) ma in una specifica situazione e con precisi riferimenti.
L’abilità della critica consiste nel fornire indicazioni precise, in termini positivi, portando l’attenzione al comportamento.
Esempio: “È importante indossare la divisa del club dei giovani: come mai non ce l’hai oggi?”
Le critiche manipolative sono invece generiche e totalizzanti e colpisco- no l’individuo nella sua personalità.
Le riconosciamo dai termini come “mai”, “sempre”, “tutto”, “ogni volta”, “niente”, in frasi come:
“Ci fosse una volta che indossi la divisa!” “Sei sempre il solito!”, “Non cambierai mai”.
l loro effetto, è quello di indurre:
• senso di colpa
• senso di ignoranza
• senso di ansia generica
Perché taluni cercano di manipolarci? Per trarne vantaggio controllando, esempio, i nostri sentimenti.
Purtroppo, molte delle interazioni sociali sono aggressive o manipolative.
L’aggressività è una forma di violenza aperta, che agi- sce dall’esterno, si alza la voce, si fanno scenate.
La manipolazione, invece, è una forma di aggressività, che agisce sulla vittima dal suo interno, a volte anche dolcemente.
Una frase del tipo “Da te non me lo sarei mai aspettato” suscita nell’altro emozioni tali da fargli pensare di aver tradito le aspettative di chi gli voleva così bene.
Sono manipolative anche frasi in apparenza innocue o vaghe, del tipo: “Sei sicuro? ”, “Da che mondo è mondo”, “Ma tutto il mondo fa così, solo tu …“.
Vediamole più da vicino.
SENSO DI COLPA
Una manipolazione ingenera senso di colpa quando si attribuisce a qualcuno una responsabilità che non gli compete.
Il senso di colpa ha un valore esclusivamente psicologico ed è legata un sentimento di disagio da cui trae origine la convinzione che esista una colpa“:
• “Possibile che non siate in grado di fare delle partenze decenti? Avevo chiesto di partire con i miei due amici, ma le ascoltate le richieste dei soci ?!?”
• “Oggi il campo era davvero orrendo”
• “Da te non me lo sarei mai aspettato! ”
SENSO DI IGNORANZA
È una modalità di comunicazione manipolativa che fa sentire l’altro ignorante e inadeguato:
• “Dire le cose a voi è come dirle al vento!”
• “In questa segreteria non si è ancora capito come si deve lavorare…”
• “Ma come fai a non capire!”
• “Ma quante volte devo dirvele le cose!”
SENSO DI ANSIA GENERICA
Come dice il nome stesso, è una tipologia di critica che trova la sua espressione in una sensazione sgradevole che non è legata un qualcosa di specifico ma genera nell’altro un senso di agitazione e inquietudine vago:
• “Va bene, va bene…vedrò di cambiare circolo…”
• “Prenderemo provvedimenti…”
• “Un tempo non era così…”
• “Lei non sa chi sono io!”
Potremmo andare ancora avanti ma credo sia sufficiente.
Chi di noi non ha detto, non ha subìto, non ha sentito alcune di queste frasi? E allora come proteggerci?
Che cos’è in realtà un conflitto?
Altro non è che un diverso punto di vista, un modo per guardare la realtà, gli avvenimenti, le persone…diventa conflitto quando si inserisce il pensiero: io ho ragione e tu hai torto, io possiedo la “Verità” dimenticandoci che non è la Verità ma la mia Verità, il mio personale modo di pensare.
Un conflitto nasce perché ciascuno dei due interlocutori contrappone il proprio punto di vista a quello dell’altro.
Si crea così un quadro di riferimento rigido e apparentemente senza via di uscita.
La difficoltà nello sbloccare tale situazione sta nel fatto che ciascuno ritiene inaccettabile cedere il proprio punto di vista a vantaggio dell’altro, come se ne andasse della propria dignità.
Diventa allora una questione di principio e non un dialogo costruttivo.
Esiste una soluzione?
1) I punti di vista sono totalmente divergenti e non vi sono punti di incontro. Paradossalmente, anche in questo caso estremo si può risolvere il conflitto, perché in realtà non c’è nessun conflitto tra due persone che vanno in direzioni opposte e non hanno nessun interesse a considerare la scelta dell’altro. È pro- prio il caso in cui si dice: ognuno per la sua strada, e amici come prima.
2) È presente almeno un punto di contatto, e quindi di accordo. Il conflitto risulta allora dovuto a confusione di piani o di aspetti: si dimenticano quelli su cui c’è intesa e si esasperano quelli su cui si diverge.
3) Evitiamo di dare la colpa agli altri! È importante!
Tante volte senza accorgercene puntiamo il dito verso gli altri attribuendo loro la causa del nostro star male: “la mia collega mi ha fatto arrabbiare, i soci dovrebbero capire che…i genitori dovrebbero fidarsi… gli ospiti dovreb- bero capire che…”
Insomma, la colpa è sempre degli altri!
Così facendo però siamo nella posizione della vittima, la vittima è certamente innocente, attenzione però perché è altresì impotente!
Se il nostro umore dipende da un fatto esterno o da una persona, io perderò il controllo della mia vita, dei miei sentimenti, il mio “potere!”
Sì, utilizzo volutamente il termine potere anche se può sembrare forte; a volte diamo agli altri il potere del nostro benessere (“lui mi ha rovinato la vita”, “il mio capo rende il lavoro insopportabile” “alcuni soci sono supponenti…”)
Dobbiamo uscire dalla posizione della vittima per guardare invece al conflitto in un’ottica di responsabile, abile a rispondere: se sono parte del problema sono anche parte della soluzione.
Ecco che allora il dito non sarà più puntato verso l’altro ma verso me stesso guidato da alcune semplicissime ma potentissime domande:
• Che cosa posso fare per…
• Come posso fare per…
E all’affermazione: “le ho provate tutte” posso dirmi: “cosa posso fare di diverso?” La risposta:
“Non puoi risolvere i problemi con lo stesso modo di pensare che li ha creati” (Albert Einstein)
È opportuno e vincente quindi nell’ottica di contenere lo stress, cambiare punto di vista, e allora in chiave di responsabilità le frasi di prima divent ranno: “Io mi sono lasciata rovinare la vita da… io do al mio capo il potere di rendermi il lavoro insopportabile… io fatico a tollerare la supponenza di alcuni soci…”
Il segreto è lasciar perdere la provocazione, che è soltanto la punta dell’iceberg e andare a capire qual è il bisogno che sottende la provocazione, indossare le lenti con cui l’altro sta guardando la realtà.
Di fronte a un “Ma che partenza mi avete messo!?” si può replicare: “Si aspettava un altro orario, quale?” E in un’ottica di orientamento al cliente: “Ci dispiace, la prossima volta faremo in modo di venire maggiormente incontro alle sue esigenze”.
Vi riporto qualche abilità, ovviamente in forma molto ridotta.
Quando una critica è costruttiva, è bene accettarla e ringraziare chi l’ha mossa; a volte non siamo consapevoli del nostro comporta- mento e un feedback costruttivo dunque diventa per noi un grande dono perché ci permette di modificare i nostri futuri comportamenti rendendoli più efficaci.
Quando ci troviamo invece di fronte a critiche manipolative e aggressive, possiamo utilizzare alcune delle seguenti e molto efficaci abilità di comunicazione:
Ascolto empatico: troppe volte ascoltiamo per rispondere, anziché ascoltare per capire.
Se si vuole gestire un conflitto, com- prendere a fondo il nostro interlocutore, adeguare il comportamento più idoneo alla situazione, l’unico modo è quello di ascoltare; non soltanto con l’udito, ma anche con gli occhi (dalla mimica si possono comprendere le emozioni dell’altro così da adeguare un comportamento efficace).
Ascoltare con la mente e con il cuore; solo così possiamo entrare in sintonia con le emozioni e i sentimenti dell’altra persona.
Responsabilizzazione: quando si ricevono delle frasi provocatorie, aggressive, generiche e totalizzanti, è utile indurre nell’altro una riflessione che lo porti a valutare meglio quanto detto: “Pensi veramente quello che dici?”
Riduzione al concreto: Si utilizza quando non siamo di fronte a una comunicazione fattuale ma di fronte a opinioni “Mi puoi fare un esempio?” ”Che cosa in specifico non ti è piaciuto del campo?”
Domandare: “CHI DOMANDA COMANDA”
La tecnica della domanda è sicuramente una delle più efficaci in tutto l’ambito della comunicazione e dei rapporti interpersonali.
Si domanda per capire, per condurre, per conoscere, per approfondire, per comprendere meglio uno stato d’animo, per rispondere.
Ecco le principali tipologie di domanda: Aperta: la si utilizza per aprire un discorso, per acquisire informazioni, per conoscere… ”Che cosa ne pensi? Che cosa non le è piaciuto del campo? Come mai non ha avvisato la segreteria?”
Chiusa: la si utilizza per avere una conferma , alla domanda chiusa si risponde sempre con un si o co un no:
“Vuole partire dopo le ore 12?” “Ha prenotato il carrello elettrico?”
Alternativa: preferisce la prima parten- za o in tarda mattinata?
Parafrasare: è eccezionale l’efficacia di questa tecnica poiché serve a noi stessi per verificare se abbiamo ben compreso e nel contempo sensibilizziamo l’altra persona su quanto ci sta dicendo.
Consiste nel ripetere con altre parole l’essenza di quanto ci ha detto l’altra persona. Es. “È inaccettabile una tale lentezza!” “Se ho ben capito avete atteso molto… In quali buche in specifico?”
Boomerang: è un modo per dire all’altro che condividiamo il suo punto di vista, consiste nel “cavalcare la tigre” a fronte di un’obiezione vera: “È vero, oggi è una giornata veramente difficile da gestire perché ospitiamo i Campionati, per questo nove buche sono chiuse.
Ve ne sono tante altre ancora da circostanziare, annebbiare, usare il disco rotto, l’eco… ma ci vorrebbe un set didattico ad hoc per trattarle in maniera approfondita mentre e qui finirei per annoiarvi.
Per concludere, prendiamo tutto il bello che questo meraviglioso sport ci offre, ricordandoci però soprattutto da parte del Personale addetto di non dare il nostro equilibrio in mano a semplici frasi o provocazioni!