Si sente spesso discutere su quali accorgimenti si dovrebbero prendere per evitare che i giocatori del Tour distruggano e umilino i campi da golf durante i tornei dei vari circuiti mondiali.
C’è chi punta il dito contro il continuo avanzamento della tecnologia, sostenendo che ormai i giocatori tirino troppo lungo in virtù dei materiali sempre più performanti e aggiunge che, di conseguenza, i vecchi campi ma anche la maggior parte dei nuovi non risultano essere più adeguati alle necessità del golf moderno.
Sicuramente non possiamo dar loro torto: in generale la lunghezza media dei giocatori è notevolmente aumentata.
C’è anche chi ci invita giustamente a considerare che, come in tutti gli sport, il livello atletico di chi lo fa di mestiere sia di gran lunga migliorato.
Aggiungerei un altro aspetto poco considerato: la qualità di fairway e green sui quali si gioca al giorno d’oggi favorisce sicuramente il miglioramento delle performance.
Grazie alle nuove erbe e macchinari, le superfici sono notevolmente migliorate rispetto al passato, sia come consistenza che come uniformità, ed è quindi più facile sia prevedere i rimbalzi che imbucare i putt.
Le frasi più popolari di questi ultimi anni sono: “Era un campo per picchiatori, bisogna allungare i percorsi, stringere i fairway, dare un freno alla tecnologia, diminuire il numero di bastoni a disposizione, rimpicciolire la buca”… e così via.
Quanta confusione!!
Per prima cosa bisognerebbe stabilire quale sia l’obiettivo principale, perché dai discorsi che sento si evince che non sia ancora ben chiaro cosa si voglia ottenere e cosa si voglia combattere.
Mi chiedo quindi: si vuole impedire ai giocatori di fare poco oppure di mettere in difficoltà i picchiatori?
Perché si tratta di due cose ben distinte e vanno quindi affrontate in maniera totalmente diversa.
Partiamo dalla prima, che è facilmente ottenibile con una differente e più accurata preparazione dei campi.
Green più duri e veloci, rough più punitivi e fairway leggermente più stretti, senza esagerare ovviamente… qualche colpo dall’erba rasata lo vogliamo ancora vedere quando guardiamo i tornei in televisione.
Una volta seguito un protocollo di questo tipo, tutti, chi più chi meno, segneranno inevitabilmente qualche colpo in più sullo score.
Con una buona preparazione del campo non è quindi poi così necessario allungare a dismisura i percorsi per alzare gli score.
Di una cosa siamo sicuri: più è severa e professionale la preparazione del tracciato più saranno favoriti quelli con più skill e con più visione di gioco ovvero i fuoriclasse, corti o lunghi che siano, ed è assolutamente giusto che sia così.
Al momento la cosa più difficile sembra essere quella di far capire bene a chi prepara i campi quali siano i parametri per rendere un campo più severo e selettivo.
Ultimamente, sia nel mondo dei pro che tra gli amateur, molti ‘esperti’ fanno davvero fatica a capire anche la semplice e grande differenza tra una bandiera difficile e una bandiera ‘stupida’ e questo, oltre a essere un fatto molto grave, è anche spesso motivo di malumore e critiche da parte dei giocatori.
Le bandiere difficili esaltano le doti dei più forti, quelle stupide, ovvero quelle messe in posizioni assurde (aste messe troppo vicine a gobbe o in posti dove non dovrebbero essere), livellano il gioco e non sempre premiano i colpi migliori.
In questi ultimi anni, per arginare gli score bassi, si è pensato di utilizzare un palliativo molto semplice ed efficace: portare il par del campo da 70 a 72, trasformando due par 5 in par 4. Così facendo i punteggi a fine gara si alzano automaticamente di ben 8 colpi.
In effetti si può anche esultare, i pro non sono riusciti a fare -20! Ma nulla è cambiato in termini di esaltazione delle doti dei migliori: il percorso è rimasto esattamente lo stesso e la soluzione è stata trovata nell’aritmetica, non certo nell’accurata e professionale preparazione del tracciato di gara.
Ragionando così, per vedere gli score vincenti intorno al par, basterebbe portare il totale del campo a 68 colpi! Sono sicuro che gli amanti degli score alti sarebbero tutti soddisfatti e i percorsi non avrebbero bisogno né di cure né di preparazioni particolari.
Ma questa, come dicevo prima, è una presa in giro e non può essere certo la soluzione al problema.
Le scorciatoie sono sempre le vie di uscita più facili ed economiche ma raramente portano i risultati auspicati.
Gli score sarebbero automaticamente più alti di 16 colpi a fine gara ma i campi, rimanendo identici, non andrebbero certo a esaltare le qualità dei migliori.
C’è una sola parola che ai professionisti piace sentir pronunciare quando si parla di un Open del Tour: qualità.
E questa la si raggiunge solo con la professionalità e il duro lavoro, non certo con chiacchiere e scorciatoie.
Passiamo alla seconda ipotesi: mettere in difficoltà i ‘picchiatori’, un tema un po’ più difficile da attuare e gestire. Perché?
C’è davvero ancora chi pensa che questi siano solo dei ‘gorilla’ che abbiano come unica dote quella di tirare lungo?
Beh, vi posso confermare che i tempi sono cambiati e non è proprio così: giocatori come Tiger Woods, Rory McIlroy, Brooks Koepka, Dustin Johnson, Jon Rahm, Bubba Watson, Tony Finau e tanti altri, prima ancora di essere lunghi e potenti sono dei fuoriclasse assoluti in tutti i settori del gioco.
Li avete mai visti approcciare, giocare nel vento o eseguire colpi speciali? Avete mai visto il loro sguardo quando stanno per tirare un colpo sotto pressione?
È grazie a tutte queste qualità che sono emersi e sono arrivati in alto, qualità che valgono molto di più dei loro drive di 320 metri.
I migliori giocatori del World Ranking sono dei veri animali da competizione prima ancora di essere dei ‘Long Hitters’.
Un giocatore che non dispone delle caratteristiche sopra citate non vince major e non arriva nei primi al mondo solo grazie alla lunghezza, sfatiamo quindi questi stupidi luoghi comuni.
Non voglio dire che la lunghezza non serva ovviamente: non c’è dubbio che un fuoriclasse che ha anche il pregio di tirarla lunga abbia un’importante arma in più per scalare le classifiche mondiali ma, quando arrivi lassù, è solo perché hai qualcosa di speciale dentro che non può essere sminuito dal semplice fatto che tiri le ‘bombe’!
Non mi risulta che un campione di Driving Contest abbia mai avuto successo sul Tour o passato un taglio di un qualsiasi circuito maggiore.
C’è anche chi propone di limitare la tecnologia dei bastoni per penalizzare i lunghi, e dice ovviamente una gran fesseria.
Fermare lo sviluppo tecnologico o addirittura fare qualche passo indietro e tornare a bastoni meno performanti o a palline più ‘sgonfie’, oltre a diminuire lo spettacolo, favorirebbe ancor di più chi ha maggior forza fisica e quindi quei picchiatori di oggi che tutti vorrebbero in qualche modo penalizzare o mettere in difficoltà.
Il brutale dominio di Tiger Woods a fine anni 90 fu anche dovuto al fatto che il suo strapotere fisico, con gli attrezzi di una volta, rappresentava davvero un vantaggio enorme rispetto a oggi. Il progresso tecnologico dei materiali ha senza alcun dubbio aiutato i giocatori corti o di media lunghezza a emergere, non certo chi possedeva già un‘ottima velocità.
Con l’ingresso dei metal wood e dei compositi in grafite, in pochi anni la rosa dei vincitori di torneo si è infatti notevolmente allargata e ha incluso nuovi giocatori, che invece con i vecchi materiali non avrebbero avuto alcuna possibilità di imporsi.
Chi non sapeva e non poteva fare determinati colpi ora, con i nuovi materiali, è in grado di farli, e non mi riferisco quindi solo ai drive. I nuovi wedge permettono di far stoppare la palla anche a chi non ha le mani d’oro per farlo.
Gli ibridi consentono a tutti i giocatori di fermare la palla da 220 metri in poco spazio. Chi ha troppo spin trova subito una palla che glielo aumenta e viceversa.
Oggi c’è una risposta per tutto e quindi un grande aiuto per i meno dotati.
Come abbiamo detto in precedenza, stringere i fairway e indurire i green è sicuramente una buona soluzione per alzare gli score ma non certo per mettere in difficoltà i picchiatori.
Chi tira più lungo, una volta in rough, avrà comunque il vantaggio di essere più vicino alla bandiera rispetto ai giocatori più corti, avrà quindi un bastone con più loft e maggior possibilità di fermare la palla in green.
Solo un disegno del fairway a imbuto potrebbe penalizzare i lunghi, ovvero un fairway che va via via stringendosi dai 270 metri in poi. In alcuni percorsi vengono infatti strette le zone di atterraggio intorno ai 280 metri con bunker od ostacoli d’acqua.
Personalmente non condivido questo metodo: credo sia ingiusto non dare credito a chi sa tirare la palla lunga!
Una soluzione per esaltare le qualità dei più precisi potrebbe essere un rough che ti obbliga sempre a buttare fuori la palla lateralmente e quindi a dover perdere automaticamente un colpo.
Questo tipo di preparazione, spesso usata nei major, potrebbe fare la differenza e obbligare tutti i giocatori a essere più accurati con il primo colpo, senza quindi necessariamente penalizzare i più lunghi o favorire i più corti.
Ma questa soluzione non si può sempre attuare, allungherebbe di molto il giro in termini di ore di gioco!
Ricordiamoci che non tutti i flight hanno il pubblico al seguito che ti indica dove è andata la palla e non tutti i tornei hanno volontari a bordo fairway.
Quello che mi piacerebbe vedere in una stagione sul Tour europeo sono campi di svariata lunghezza e tipologia ma simili come preparazione.
Il che non vuol dire che tutti necessariamente debbano preparare il percorso come un major, perché sarebbe impossibile da pretendere, ma per lo meno che vi sia una linea guida da seguire per alzare la qualità dei campi.
La grande differenza tra Europa e Stati Uniti in questo momento è proprio questa: negli USA ogni torneo sembra essere una sorta di piccolo major sotto tutti gli aspetti, pubblico, montepremi, qualità dei campi e delle facilities.
In Europa, sia per le condizioni climatiche che per la dispersione territoriale del circuito che spazia in diversi Continenti, si giocano ancora molti eventi in percorsi non da Tour, con condizioni di campo non adeguate al livello della situazione.