Difficile non innamorarsi a prima vista del Circolo Golf Torino. Inserito nello straordinario contesto del Parco della Mandria, come il cugino e confinante Royal Park, ha dalla sua un lungo elenco di doti riscontrabili solo in pochissimi campi che meritano le cinque stelle piene.
Due percorsi magnifici da 18 buche, il Blu e il Giallo, avvolgono una delle clubhouse che amiamo di più in Italia. Un caldo e accogliente cottage all’inglese, sulle cui pareti scorre letteralmente la storia del golf in Italia. Fra trofei e tableaux in legno con l’elenco dei vincitori delle gare più importanti, una foto di Edoardo e Francesco Molinari, che accompagna una riproduzione della Coppa del Mondo, vinta dai due fratelli nel 2009.
Abbiamo incontrato il nuovo presidente del Torino, Giorgio Tadolini, in un giorno di chiusura del Circolo. È stato quasi surreale vivere quel magnifico ambiente senza nessuno attorno, camminando in punta di piedi per non disturbare il silenzio assoluto.
69 anni, nato a Mathi, un piccolo paese a una trentina di chilometri dal capoluogo, grande manager di respiro internazionale, sportivo appassionato, Tadolini è stato eletto nel giugno di quest’anno.
Alle spalle molti successi con l’azienda di famiglia, il Gruppo Ammega, che produce nastri di trasporto e cinghie per trasmissione di potenza, ceduto in maggioranza due anni fa a un fondo di private equity svizzero.
Tre figli, due già grandi e sposati, lo hanno reso nonno di cinque amatissimi nipoti, mentre la ragazza più giovane ha iniziato proprio quest’anno l’università. Innamorato del golf e dello sci, con ‘spirito juventino’ nel versante del tifo, il presidente del Torino ha idee molto chiare verso quale direzione indirizzare il futuro del club. Ecco quanto ci ha dichiarato in una piacevolissima chiacchierata.
Sono golfista da qualche decennio – ha esordito Giorgio Tadolini – ma non di nascita. Ho cominciato attorno al 1990 e mi sono subito appassionato, al punto di venire a vivere all’interno di un campo da golf. E respiro quotidianamente il profumo dei green. La mia casa è nel Royal Park, vicino alla buca 14 del Trent Jones. Svegliarsi alla mattina in quell’abbraccio di verde è impagabile, magari vedendo i cervi a pochi metri dalla casa.
Ha sempre giocato nel suo attuale Circolo?
No, ho iniziato ai Roveri, poi sono arrivato al Torino, circa 20 anni fa. Ho tanti amici qua e ho avuto la fortuna di conoscere molto bene il presidente di allora, che era Sergio Pininfarina. Fece un grande lavoro di promozione con me e mia moglie. Alla fine accettammo il suo invito.
Come presenterebbe in breve il suo club?
Possiamo considerarci molto fortunati di vivere una meravigliosa realtà come quella del Circolo Golf Torino. Ci troviamo nel contesto di uno dei parchi più belli e storici d’Italia (oltre 66 chilometri quadrati, ndr): una posizione eccezionale che da sola crea l’ambiente. Se poi a questa cornice privilegiata si danno l’attenzione e la raffinatezza necessarie, ecco che esce un cocktail perfetto. E non dimentichiamo che all’interno del Parco abbiamo altri due percorsi di golf meravigliosi, quelli dei nostri vicini del Royal Park. Siamo perciò fra i pochi comprensori così importanti dell’Europa Continentale. Tutto l’insieme rappresenta una somma di caratteristiche che porta alla perfezione.
Quale dei due percorsi del Torino preferisce?
Direi il Blu, anche se il Giallo lo considero un campo intrigante e tutt’altro che semplice. Ma il primo è il nostro percorso da campionato. Ti offre lunghezza, green spettacolari, buche meravigliose.
Campi di questo livello hanno bisogno di cure speciali?
Curiamo senz’altro molto la manutenzione. Sono sempre in programma vari interventi importanti, con una certa regolarità. Da pochi anni abbiamo rifatto tutti i green e l’impegno è tenere sempre il campo ‘fresco’. Sono necessari molti investimenti, ma ne ricaviamo grandi soddisfazioni. Adesso abbiamo iniziato il rifacimento di tutto il sistema di irrigazione, che sarà interamente automatizzato. E così potremo avere risparmi nel consumo dell’acqua e sulla nostra bolletta energetica.
Come avete affrontato le nuove norme internazionali per la manutenzione?
Il passaggio dall’utilizzo dai prodotti chimici a quelli biologici è stato molto impegnativo. E lo è tuttora. È necessaria ancora tanta formazione e numerosi test. Perché certi funghi, certe malattie dell’erba non sono facili da debellare. Spesso occorre andare per tentativi, mentre in precedenza avevi alle spalle decine di anni di un certo tipo di prodotti per la manutenzione.
Lei è noto come manager di una multinazionale. Sta trasferendo le sue esperienze nella gestione del Circolo?
Ho sempre fatto l’imprenditore. Avendo attività in tutto il mondo, ho imparato a pensare anche in modi diversi. E mi sono accorto che il progresso viaggia a velocità sempre più alte. Qui al Torino non parliamo di una società di capitali, ma di un circolo di soci. Deve però cominciare a esserci una gestione che sia capace di traguardare il futuro a medio e lungo termine. Pensando alle nuove generazioni, ai giovani, perché questi circoli saranno loro nel futuro. E dovranno adattarsi al loro nuovo modo di vivere e di pensare.
Accanto a un Circolo di incredibile bellezza, tanta storia e tradizione. Cosa significano per voi?
Dal punto di vista agonistico, credo di poter dire che siamo il Circolo più blasonato d’Italia. E non solo perché abbiamo avuto atleti di grande spicco, a cominciare dai fratelli Molinari. Abbiamo vinto molti campionati con le nostre squadre e altrettanti titoli individuali, in Italia e in Europa. Il nostro presidente onorario, Lorenzo Silva, è il più premiato amateur d’Italia, con un palmarès lunghissimo di scudetti tricolori.
I motivi del vostro successo?
Abbiamo davvero tutto. Percorsi bellissimi e un club che riesce a stare al passo con i tempi, in continua evoluzione per adeguarsi alle esigenze degli anni 2000, molto diverse da quelle di qualche tempo fa. Stiamo facendo uno studio per rendere la nostra magnifica clubhouse ancora più funzionale e più accogliente per i nostri soci.
Progetti futuri?
Passare da semplice campo di golf a country club, con tutta una serie di attività che garantiscano un maggior coinvolgimento. Il Torino sta cercando di offrire l’opzione più completa e di charme che un circolo possa offrire. La nostra clubhouse parla di storia, di eleganza, di tradizione. E noi vogliamo continuare su questa strada, pur offrendo quello che i nostri anni oggi richiedono.
E cioè?
Sappiamo bene che il numero dei praticanti in Italia è limitato. Quindi bisogna creare, indipendentemente dalle attività di promozione della Federgolf, un ambiente che sia aggregante per i gruppi familiari o di amici. Un luogo che sia certo centrato sul golf, ma che offra anche attività collaterali, per cui la famiglia sia contenta di passare il weekend nel nostro circolo. Divertendosi e rilassandosi dall’ingresso del mattino alla cena della sera.
Cosa ne pensano i soci?
Ho presentato un programma di rinnovamento della nostra struttura, in base al quale sono stato eletto insieme ai miei consiglieri. I soci hanno premiato le nostre proposte e adesso siamo impegnati in questa nuova avventura, pieni di entusiasmo e di forze positive. Sono certo che ci porteranno a trasformare e dinamicizzare il circolo in modo molto profondo.
I rapporti con gli altri Circoli?
Uno degli aspetti più importanti è che i nostri club non si facciano la guerra. Nelle guerre c’è solo da rimetterci per tutti. Ognuno deve poter sviluppare al meglio le sue caratteristiche, per permettere ai golfisti di scegliere questo o quel Circolo in base all’ambiente, alla struttura e alla qualità dei servizi. Proprio in questo senso, stiamo puntando a una maggiore collaborazione con i nostri vicini del Royal Park.
Ma perché il golf in Italia fa tanta fatica a crescere?
Credo che il nostro sport sia tuttora conosciuto come un’attività costosa, elitaria, riservata a gente avanti con gli anni e alla portata di pochi. E invece i fee di iscrizione in certi club sono accessibilissimi, alla luce del fatto che si tratta di una struttura che ti offre veramente tanto. Spazi, location, servizi, ambiente. Se pensiamo anche solo allo sci, è uno sport che ha bisogno di trasferte lunghe, attrezzatura e impianti costosi. E io lo so bene.
Come mai?
Sono stato presidente dello sci club di Ala di Stura, piccola stazione a una cinquantina di chilometri da Torino. Quindi parlo con cognizione di causa. E quello era il mio sport preferito, prima di incontrare il golf. I miei figli hanno partecipato a gare fino quasi a 20 anni. I costi che si sostengono quando fanno agonismo sono paurosi. Minimo erano quattro paia di sci all’anno. E non parliamo di sport come i motori o la vela.
Innamorato della neve?
Scio ancora a Courmayeur. Mi diverto, faccio un po’ di cose strane sugli sci, comunque sono un grande appassionato. Per una decina di anni, abbiamo trascorso una settimana bianca a Corvara, un posto fantastico, nel cuore delle Dolomiti. Il servizio che ti offrono è veramente ai massimi livelli, per piste, alberghi e ristoranti.
Altri sport?
Posso dire averli praticati quasi tutti. Un’altra grande passione è stata quella per la subacquea. Credo di essere una persona abbastanza attiva.
E parlando di golf giocato?
Vuol sapere il mio handicap? Al momento è 11,7. Ma lo prendo molto come vero divertimento, senza paura di salire o scendere. Non ho mai temuto la famosa ‘virgola’, che peraltro ormai va in pensione con l’arrivo del World Scoring System.
Cosa l’ha conquistata del golf?
Il piacere di vivere e frequentare luoghi speciali, in cui passare giornate da ricordare, con o senza lo score in tasca. Ma è necessario fare in modo che chi inizia, magari non più da ragazzo, poi non decida di smettere. Prendiamo una famiglia in cui solo un componente gioca a golf, mentre la moglie e i figli no. Questa persona parte di casa alle otto del mattino e, se va bene, torna alle tre del pomeriggio. Perciò, se il Circolo non offre attività interessanti anche per chi non gioca, viene a mancare quel piacere di stare tutti insieme.
Ritiene importante la componente tempo?
Sono assolutamente favorevole a uno studio che renda possibile giocare su distanze inferiori alle 18 buche. E credo si possano trovare soluzioni molto valide, come ad esempio le gare su 12 buche, perché giocarne nove può non essere sufficiente per appagare la nostra voglia di golf. Un altro traguardo intermedio potrebbe essere un eccellente compromesso, avendo anche spazio e tempo per altro. Lo ritengo molto importante. Sono assolutamente favorevole a valutare ogni opportunità che vada incontro alle nuove esigenze in termini di tempo.
Gara o pallinata con gli amici?
Mi piacciono entrambe le cose. Quando sono in gara, mi diverto perché sono un agonista e mi piace sentire un po’ di adrenalina colpo dopo colpo. Allo stesso tempo però amo una bella giocata in simpatia, facendo qualche risata. In palio, solo la classica bevuta al bar del Circolo.
Per chiudere, cosa hanno rappresentato Edoardo e Francesco Molinari per il vostro Circolo?
Il massimo coronamento del grosso impegno del Torino per lo sport agonistico ad alto livello. Devo riconoscere che si tratta di due talenti naturali. Siamo stati fortunati ad averli, visto che forse sarebbero cresciuti ai vertici del golf mondiale anche in un altro club. Dobbiamo ringraziare Paolo e Michela, i genitori di Edoardo e Francesco, perché hanno fatto un grande lavoro con i loro figli. Ho il piacere di avere entrambi i ragazzi come amici e posso testimoniare che sono di una serietà incredibile. Ci piacerebbe vederli più spesso qui in giro, ma Chicco ormai vive lontano e Dodo ha pure lui molti impegni, anche se ogni tanto passa da queste parti. Siamo ovviamente orgogliosi di averli allevati. Sono e saranno sempre i nostri più amati soci onorari.